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GRAZIANO FRONZUTO – OPERE PER ORGANO – Recensione del M.o Federico BORSARI

GRAZIANO FRONZUTO – OPERE PER ORGANO – Recensione del M.o Federico BORSARI

CopertinaCD

Con grande piacere abbiamo ricevuto, ed ascoltato, questo disco che porta -finalmente- alla ribalta un pregevole autore italiano che fino ad oggi era rimasto “sottotraccia” ma che merita ampiamente di essere considerato. Graziano Fronzuto è prima di tutto un amico, con cui abbiamo condiviso anni di vicende anche personali e famigliari, nei confronti del quale nutriamo grande stima per un lavoro paziente di ricerca organologica che si è concretizzata qualche anno fa con la pubblicazione di un’importante opera dedicata agli organi della città di Roma (ne abbiamo parlato in questa recensione) ma, oltre a quest’importante aspetto della sua attività organologica, ha sempre coltivato con passione l’attività più concretamente musicale sia come organista che come compositore ed in diverse occasioni abbiamo parlato, durante i nostri incontri, del fatto che sarebbe stata una buona idea dare un senso compiuto a quest’attività musicale incidendo le sue opere. Oggi, grazie a Paolo Bottini, questo autore rende “tangibile” (nel senso di apprezzabile con l’ascolto) una parte della sua produzione organistica che, come apparirà subito evidente ascoltando i brani incisi nel disco, rivela caratteri di assoluta solidità, grande ispirazione ed assoluta padronanza della tecnica compositiva.
Si tratta di un’antologia (la produzione musicale di Fronzuto è assai più ampia e corposa) che ci offre diversi spunti di considerazione e che spazia attraverso venticinque anni di attività durante i quali l’autore, senza mai perdere di vista una concezione basilarmente “moderna” della musica organistica, ne esplora diversi ambiti concettuali che utilizza per dare origine ad un linguaggio molto personale, a tratti sinceramente “intimistico”, in cui una solidità di grande tradizione (le caratteristiche formali delle Sonate organistiche di Rheinberger sono ricorrenti e sempre molto ben citate) forma la base per sviluppi che attraversano l’ampio panorama del Novecento organistico europeo. Nelle composizioni di Fronzuto si affacciano stilemi di estrazione hindemithiana, echi della musica seriale, l’utilizzo di un cromatismo sempre ben dosato e mai esasperato, accenni di politonalità, delicati richiami all’atonalità, una robusta tecnica polifonica e, sopra a tutto questo, una vena ispirativa che non si lascia mai sedurre dal facile effetto, dalla ridondanza e dall’autoreferenzialità. Anche nelle pagine più intense e potenzialmente impattanti dal punto di vista musicale, Fronzuto non forza mai la mano, non abbandona la strada maestra della forma-contenitore entro cui tutto il materiale musicale deve essere ben ordinato, sistemato e realizzato. Non troverete in questo disco neppure una “Toccata alla francese” (anche se, come organista, Fronzuto le sa eseguire assai bene); alle eclatanti declamazioni dell’estetica otto-novecentesca francese, l’autore preferisce le architetture musicali della scuola organistica germanica, dove è la ricerca della novità all’interno della tradizione che gestisce gli sviluppi e ne governa le evoluzioni. Ovviamente, ed in questo Fronzuto è particolarmente bravo, non manca un tocco squisitamente “italiano”, che consiste nella profondità dell’ispirazione, nella dolcezza dei cantabili e nella sobrietà quasi “lirica” di linee melodiche che prendono spunto ed origine dalla grande scuola organistica italiana del Novecento e che, mutuate ed inserite con grande sapienza in un contesto musicale di notevole compattezza, lo rendono oltremodo gradevole e, a tratti, anche affascinante.
A tutto questo si unisce, inoltre, una profonda conoscenza della “macchina organo”, di cui Fronzuto conosce tutte le particolarità e caratteristiche grazie al suo lavoro di ricercatore e “catalogatore” non solo della miriade di strumenti della sua città, Roma, ma di tutta Italia ed Europa ed appare evidente che la sua produzione musicale deriva da una spiccata predilezione, da una parte, della scuola germanica del Novecento, ricca nel contempo di tradizione ed innovazione, e l’organaria italiana dell’organo riformato, di cui molto spesso oggi non si riconoscono i meriti. Ruolo fondamentale nella sua musica, infine, lo gioca la diretta discendenza dalla scuola musicale Gaetana e non a caso due delle figure ricordate nelle sue dediche sono Franco Michele Napolitano e Stefano Romano.
Come abbiamo detto, quest’incisione è un’antologia della produzione di Graziano Fronzuto e le opere sono state scelte per rappresentarcene un panorama temporalmente ampio e sufficientemente rappresentativo. Il disco si apre con la “Sonata”, composta in memoria di Franco Michele Napolitano e dedicata all’organista Maurizio Rea, che l’ha eseguita in prima assoluta a Napoli nel 2010 in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Napolitano. In questa Sonata di ampie proporzioni e grande respiro (oltre venti minuti di musica) Fronzuto prende come impostazione formale le grandi sonate di Rheinberger e vi costruisce sopra cinque grandi movimenti in cui esprime molte delle sue “idee” musicali, dall’iniziale “Fantasia”, in cui possenti architetture accordali di notevole impatto si alternano con episodi contrappuntistici di forte intensità intervallati da momenti di sospesa estaticità, fino all’ “Introduzione e Fuga” finale, che dimostra la notevole capacità di trattamento del materiale tematico da parte dell’autore e la sua perizia nel procedimento contrappuntistico (molto interessante l’utilizzo per la parte finale di frammenti di soggetti e controsoggetti che vanno a formare una specie di grande “stretto” multitematico che, dopo un inciso squisitamente melodico, si chiude con un finale in fortissimo). L'”Andante”, di carattere meditativo e squisitamente cantabile, esplora alcune interessanti sfaccettature della politonalità e richiama da vicino i procedimenti di alcune scuole organistiche europee di avanguardia (quella del Novecento) mentre il “Notturno” si dimostra, a nostro parere, una vera e propria “chicca” in cui sopra un’atmosfera oniricamente sospesa su di un bordone dissonante ed un ostinato di tre note ossessivo e quasi straniante “galleggiano” temi che scompaiono e poi riappaiono nelle diverse tessiture, apparentemente estranei tra di loro ma che quando si incrociano si rivelano figli della stessa ispirazione.
La “Fantasia Brevis”, composta nel Dicembre 1983, è dedicata al Padre Domenicano Thierry Haenni che a quell’epoca era a Roma presso il Convento di Santa Maria sopra Minerva e che fu teologo, ricercatore e musicologo ed il brano fu composto espressamente per l’organo Bossi 1909 di quella Basilica. In questa breve composizione si scopre il profilo di un Graziano Fronzuto curioso ricercatore di linguaggi nuovi e più spiccatamente personali rispetto alla produzione degli anni precedenti e che riesce a “compattare”, in un brano relativamente breve, diversi discorsi musicali che potrebbero essere sviluppati molto più ampiamente ma che qui l’autore condensa in “idee” concettuali esponendole quasi come aforismi ed affidandole ai registri ad ancia dell’organo.
La “Passacaglia” è stata composta nel 2011 e dedicata a Giorgio Muto, organista, pianista, direttore di coro e -anche- musicista jazz. Il brano, che parte subito con la prima variazione senza l’esposizione iniziale del tema, si presenta apparentemente in un ambito tonale definito che nelle variazioni successive, con un progressivo e graduale aumento del cromatismo, assume caratteristiche di spiccata modernità. Contrappuntisticamente molto ben strutturato, questo pezzo nel suo sviluppo si arricchisce di caratteristiche ritmico-timbriche molto interessanti, che in alcuni episodi rasentano il virtuosismo.
Il “Cantabile”, che l’autore ha voluto dedicare a chi scrive nel Novembre 2008 in un momento difficile della vita, prende l’andamento e lo stile formale degli “Adagio” classici, direttamente ispirati dalle omonime composizioni orchestrali barocche e poi ripresi dalla scuola romantica (Rheinberger) con il pedale che sgrana un “pizzicato” violoncellistico, la mano sinistra che sviluppa l’accompagnamento armonico e la destra che “canta” la melodia. In questo brano è il cromatismo molto accentuato che ne caratterizza lo sviluppo sia melodico che armonico e le dissonanze, anche talora aspre, che lo caratterizzano lo rendono assolutamente interessante per le modalità con cui la linea melodica viene trattata con procedimenti di progressiva aumentazione e diminuzione che ne trasformano il carattere fino ad un inaspettato accordo finale di Fa Maggiore in posizione lata.
Lo “Scherzo”, composto nel 2012, è dedicato al napoletano Giovanni Picciafoco, organista di ottimo valore ed allievo del grande Enzo (Vincenzo) Marchetti, che fu uno dei migliori esponenti della scuola organistica napoletana del Novecento. Questo brano, in rigorosa forma tripartita A-B-A, inizia con una figurazione di “ostinato” su cui si incastonano frammenti di melodia quasi atonali che si evolvono in crescendo verso un tema di canzone popolare a cui segue un delicato Andante Cantabile i cui temi, anch’essi arieggianti a melodie popolari, presentano alcuni inconfondibili stilemi della musica partenopea; la terza parte riprende ed elabora la prima arricchendola di ulteriori spunti melodici assai gradevoli. Sarà una nostra impressione, ma durante l’ascolto di questo brano, nel quale spicca un cromatismo assai interessante, certi incisi ci hanno richiamato alla mente le grida dei venditori napoletani (che peraltro erano già state trattate musicalmente da un altro splendido musicista partenopeo del Novecento, Jacopo Napoli).
Conclude il disco il “Preludio e Fuga”, composizione molto recente (2017) che Fronzuto ha voluto dedicare all’interprete di questo disco, Paolo Bottini. In questo brano, che ci conferma ulteriormente le solide basi formali dell’autore, possiamo apprezzare l’approfondimento delle tematiche musicali che caratterizza la produzione di Fronzuto, che qui lascia evolvere quasi sottotraccia un cromatismo misurato per assumere linee di grande ampiezza in cui i temi (nel Preludio) assumono aspetti quasi rapsodici e ci riportano ad una magniloquenza importante e di grande spessore che spazia su ampi orizzonti ed apre diverse prospettive di ulteriore futuro sviluppo. La Fuga (che è in effetti un Fugato o, meglio, una serie di Fugati) rispecchia la stessa filosofia ed il suo tema, tonale, si sviluppa su calibrate e ben dosate iniezioni di cromatismo che non lo sconvolgono ma, al contrario, lo valorizzano in una luce che ci presenta un autore molto attento agli sviluppi e che presenta una grande maturità artistica.
Di Paolo Bottini, l’organista che interpreta queste musiche, abbiamo già ampiamente parlato su queste pagine e ne abbiamo sempre sottolineato la bravura, la tecnica e la perfetta padronanza dei vari strumenti su cui effettua le sue performances. Quello che ci preme, una volta di più, sottolineare è come egli, anche in questo caso, nutra sempre una sana curiosità ed un desiderio di esplorare orizzonti sempre nuovi. Sia che si tratti di avventurose riscoperte, di coraggiose trascrizioni o di nuovi orizzonti da esplorare, Bottini dimostra sempre una grande voglia di arricchire il suo (ed il nostro) orizzonte musicale ed anche in questo caso (le musiche di Graziano Fronzuto non sono facili da “introiettare”) egli ci ha dimostrato come un bravo musicista riesca sempre -se lo vuole- a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Noi conosciamo personalmente Graziano Fronzuto da molti anni e ne abbiamo seguito ed apprezzato “da vicino” l’evoluzione artistica; dobbiamo però dire che Paolo Bottini in questo disco non solo è riuscito a cogliere molto bene l’essenza di questi brani proponendoceli in modo ottimale ma, cosa molto più difficile, ha colto “l’anima” musicale dell’autore. Per un interprete questo è un valore aggiunto di grande importanza.
Vista la passione dell’autore per gli organi di Roma, di cui conosce alla perfezione storia, composizione, vicende, fatti e misfatti, ci aspettavamo che per quest’incisione venisse utilizzato uno dei tanti bellissimi strumenti capitolini. Apprendiamo dalle note del libretto a corredo che ciò non è stato possibile non solo a causa dell’indisponibilità dei vari Parroci ma, anche, per dissidi profondi che hanno causato contenziosi legali. Siamo molto dispiaciuti per questo, poichè il grande lavoro che Fronzuto ha portato avanti per valorizzare il patrimonio organario della Capitale avrebbe meritato lodi incondizionate e grandi riconoscimenti da parte della Curia Romana. D’altra parte non ci meravigliamo più di tanto per questi atteggiamenti poichè, come ben sanno gli organisti, i rapporti con i Parroci -soprattutto se questi ultimi considerano l’organo come un inutile orpello- sono sempre (a parte rare eccezioni che confermano la regola) a dir poco problematici. Si è dovuto, quindi, optare per uno strumento diverso e si è scelto il grande Mascioni della chiesa di SS.Tommaso ed Andrea di Pontevico, di cui abbiamo già parlato alcune volte in occasione di precedenti recensioni. Si tratta di un grande strumento, realizzato nel 2009, con tre tastiere e pedaliera che ad una base fonica spiccatamente “italiana” unisce anche una ragionevole numero di registri “coloristici” ed “orchestrali”. Paolo Bottini, in questo disco, fa cantare i suoi quarantatre registri nominali, pari a cinquantadue reali, sistemati in due corpi contrapposti e ne valorizza in modo eccellente le potenzialità timbrico-foniche, particolarmente adatte a questo tipo di repertorio.
Le registrazioni sono state effettuate nel mese di Settembre 2018 e tutto il lavoro di presa del suono, editing, mastering e postproduzione è stato effettuato da Federico Savio, che è ormai considerato tra i migliori tecnici del suono italiani in assoluto e che anche in questa occasione dimostra ampiamente le sue grandi doti e la sua estrema professionalità.
Molto gradevole e sobria la veste grafica, con un libretto di otto pagine a corredo in cui possiamo apprezzare una presentazione del repertorio a cura dell’autore ed una bella descrizione dello strumento, tutto in lingua italiana. Curiosamente, e a nostro parere è una mancanza grave (a meno che non si tratti di un’espressa volontà dell’interessato), è assente il curriculum artistico dell’interprete. Molto ampia ed esaustiva la documentazione iconografica.
Si tratta, in conclusione, di una produzione discografica che presenta molteplici aspetti di interesse, soprattutto per il fatto che presenta agli appassionati di musica organistica una figura “nuova” dell’attuale panorama musicale italiano e, poi, per un repertorio veramente interessante che gratificherà sicuramente gli amanti della musica organistica contemporanea. Da non perdere.

Little Peter & The Wolf <2016>

Ricevere musica non è soltanto un bel dono, è un onore; ancora di più se si tratta di una registrazione a sorpresa di un gruppo che non si era ancora incontrato.
I Little Peter & The Wolf si presentano così, ad anno 2016 appena concluso, con un CD dalla copertina ad effetto surreale per una grafica, tanto semplice quanto ben congeniata, sull’immagine di uomo a testa in giù, che in verità è a testa in su, insabbiato e sospeso tra cielo e mare di un mondo al rovescio.
Per questo non voglio parole, ma solo una musica forte…” – la chitarra tira, la voce racconta, la batteria accompagna, tastiera e basso riempiono, testi e musiche si accordano ed è un sound che convince: viaggio schietto tra note, parole e sentimenti che sono sempre “Il primo treno” della vita.
I brani scorrono, quasi si vorrebbe che durassero più a lungo. Si vorrebbe trattenerli, ma in un soffio si è “Per strada“, brano e titolo simbolico della condizione esistenziale tra precarietà e libertà che fa tornare in mente la migliore tradizione tematica musicale italiana e inevitabilmente le parole di Giorgio Gaber, sia pure in altra sonorità, “c’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza“.
I Little Peter & The Wolf  hanno il ritmo rock italiano che ci ha fatto crescere (da Ligabue ai 24 Grana) con le canzoni nel cuore sfilando pensieri, vibrazioni, nostalgie, senza cedere alla retorica o agli effetti speciali. Il risultato dell’ascolto di <2016> è pulito, godibile, fidelizza e… si rimane male che il CD, tornando al primo brano, finisca.
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Su YouTube e iTunes con i brani “Spazi Aperti” e “Indifferente“:
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Di loro stessi sulla pagina FB dicono:
Unici ed assoluti esponenti del genere “Rock stupendo”.
I Little Peter and The Wolf sono: Jos Sforza (chitarra e voce), Alberto Ratini (batteria), Luciano Straccini (basso), Fabrizio Maggiolini (tastiere) e Gabriele Bertozzi (chitarra). Nascono nel 1987 unendo esperienze musicali diverse con l’obiettivo di comporre musica in italiano su arrangiamenti di gusto internazionale. Per qualche anno seguono la trafila, che non prevedeva talent show e simili, ma concorsi in giro per l’Italia, provini e qualche apparizione, tra cui quella a Jeans 2 – il primo programma di Fabio Fazio – con il brano Attenti al Lupo omonimo di quello famoso di Dalla, ma scritto prima. Compaiono anche sul Monello nella pagina a fianco a quella di un altro giovanissimo esordiente, Jovanotti.  Dopo qualche anno decidono che nella vita avrebbero fatto altro, ma non abbandonano la musica e continuano imperterriti a suonare in giro per locali con cover pop/rock di ogni tipo. Considerato il quarto di secolo di storia, con formazione sostanzialmente stabile e qualche ovvio cambiamento e relativo ritorno, decidono nel 2011 di riaffrontare la composizione di pezzi propri sulla scia di quelli di un tempo, ma cercando nuove sonorità. In questa direzione si muovono con il CD Grida ed i nuovi brani del 2013.
Email: littlepeterandthewolf@virgilio.it

Busoni – Bottini Classicamente

Organo della Collegiata di Empoli

FERRUCCIO BUSONI

Busoni – Bottini

ClassicaMente

Organista Paolo Bottini

All’organo della Collegiata di Empoli, costruito nel 1968 da Bevilacqua per San Miniato al Monte a Firenze e qui trasferito nel 1974, ampliato da Chichi nel 2004

Bongiovanni – GB 5191-2

di Graziano Fronzuto

Cominciamo con qualcosa che nel pur esauriente libretto non c’è: la foto a colori dell’organo utilizzato, il cui insieme cassa-cantoria è veramente monumentale e avrebbe meritato una rappresentazione grafica più degna. A parte questa pecca, passiamo ad analizzare il contenuto del CD che contiene 24 brevi brani di Ferruccio Busoni tratti dal repertorio pianistico ed eccellentemente adeguati all’organo utilizzato da Paolo Bottini. La scelta dell’organo è un chiaro omaggio alla città natale del compositore così come il repertorio è scelto in base al 150° anniversario della sua nascita, e poco importa se l’organo presenta evidenti limiti soprattutto di espressività e di colore dei registri (il che rende l’ascolto un po’ monotono, nonostante l’indubbia maestria dell’interprete).

Dante Michelangelo Benvenuto Ferruccio Busoni (Empoli, 1º aprile 1866 – Berlino, 27 luglio 1924) è stato un compositore e pianista italiano naturalizzato tedesco, per cui il suo legame con la sua terra natale fu breve quanto labile. La sua precocissima carriera musicale lo portò sin da ragazzino a tenere concerti pianistici nelle maggiori capitali Europee, incluse Vienna e Berlino. La sua predilezione per il pianoforte si può dire non lasciò spazio ad altri strumenti tanto da divenire un pianista di prima grandezza, sia come esecutore che come compositore. Anche se, in vita, fu apprezzato più come esecutore che come compositore tanto che in questa seconda veste fu rivalutato solo in tempi recenti, e comunque dopo la sua morte (1924).

Il CD proposto da Bongiovanni, riesce ancora una volta grazie a Paolo Bottini nel prodigioso/temerario intento di legare Busoni all’organo, cosa che nella sua vita non avvenne mai.

Paolo Bottini domina e piega al repertorio prescelto un organo bello ma disomogeneo quale quello della Collegiata di Empoli che presenta vari registri aggiunti allo schema originario, inoltre ha tutte le canne corrispondenti alla prima tastiera distanti dalle altre (sono in una cappella a destra dell’altare maggiore) e ciò non sempre va a vantaggio della monoliticità dei brevi brani scelti per l’incisione.

Si tratta di tutte opere giovanili, legate ad uno stile vagamente classico e ancora non contraddistinte dall’evidente virtuosismo delle opere più mature.

Ancora una volta un CD da non perdere per chiunque ami non solo lo strumento, il compositore e l’artista ma anche e soprattutto la Musica con la maiuscola!

Settembre 2016 – Graziano Fronzuto