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Italo Calvino e le mille voci.

Tempo fa abbiamo parlato di Calvino e la sua ombra attraverso il ricordo di un compagno di liceo riferito dal Corriere della Sera, in un articolo ritrovato per caso. Adesso torniamo su Calvino ragazzo, che durante le interrogazioni si voltava di spalle, come per ascoltare bene un suo interlocutore invisibile e proseguire, grazie a lui, il parlare. Si rapportava alla sua ombra, un’ombra protettiva e accompagnante cui si affezionò, trattenendola con sé fino alla vita adulta ed arricchendola di mille voci, ognuna pronta a recitare, dall’alto di un empireo di molteplicità, una diversa visione di realtà.
Calvino si voltava, dunque, verso l’altra angolazione, quella di un suo diverso possibile io, che non è mai soltanto e semplicemente un altro, ma è l’universo di altri possibili. E’ l’intera umanità. Sono I nostri antenati, sono Gli amori difficili, Le città invisibili. Questo e anche oltre, nello sconfinare libero dell’immaginazione in un mondo, tanto fantastico quanto reale, da non sembrare più la terra nota sotto i piedi, ma il teatro colorato, emozionale ed inventato, del Castello dei destini incrociati e delle Cosmicomiche vecchie e nuove.  Tacciato da alcuni di frammentarietà, come se la vastità della sua opera mostrasse un caos interiore,  Calvino è e resta tra le più grandi personalità del Novecento. Soltanto i grandi avvertono, non reprimono, ma anzi sviluppano, questa tensione interiore ad abbracciare il mondo come infinito anche nel più piccolo dettaglio. Soltanto i grandi osano sperimentare le innumerevoli possibilità di combinazioni dell’imbattersi nell’io, nell’altro, nelle cose e nel caso senza chiudersi in un pensiero assiomatico. Soltanto i grandi sostengono lo stato di sospensione visionaria, superando il plumbeo limite dell’incomunicabilità in un sorvolare orfico tra terra e cielo, dove la dimensione innocente e giovane non svanisce e l’immaginario diviene tessuto, impalpabile e pregiato, di mille personaggi lasciati fluire, fino a noi. Incantati.

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Per saperne di più si consiglia la raccolta di interviste dal 1951 al 1985, completata nel 2012 e recensita in Calvino e il gioco dei destini incrociati.

In foto: San Giorgio e il drago. Paolo Uccello (1397-1475).

Calvino e la sua ombra

di Rosanna Fronzuto
“Per italiano e latino avevamo un professore severissimo, un prete che faceva lezioni di livello universitario e che conosceva benissimo la formazione atea di Italo. Era incontentabile, e quando aveva la luna storta se la prendeva con tutti tranne che con lui. Calvino era intelligente e i professori lo sapevano. Era chiuso e silenzioso e quando veniva interrogato aveva una certa difficoltà di parola: impiegava un po’ di tempo a parlare, faceva dei versi, poi si fermava e riprendeva lentamente. In quella vecchia aula ad emiciclo, di solito chi veniva interrogato dava spettacolo, era come se stesse nel loggione di un teatro. Quando Italo, che era in alto, si alzava per prendere la parola, sembrava sdoppiarsi: c’ era lui e dietro c’ era la sua ombra che sembrava ascoltarlo gesticolando. Lui metteva insieme un periodo e si fermava, non si sbrigava mai, la sua ombra stava ad ascoltarlo, allora lui riprendeva. Sembrava incerto ma non lo era per niente.”
Questo è l’originale ricordo di un compagno di liceo dello scrittore in un articolo pubblicato da Il Corriere della Sera molti anni fa e precisamente il 5 ottobre del 2000.

In foto Italo Calvino con Jorge Luis Borges.

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L’angelo di Italo Calvino

“Sono l’angelo che abita nel punto
in cui le linee si biforcano.
Chiunque risalga le cose divise
m’incontra, chiunque scenda al fondo
delle contraddizioni s’imbatte in me,
chi torna a mescolare il separato
si ritrova nella mia ala membranosa
della guancia.” Italo Calvino.

foto da album ‘Sicilia’ di Vittorio Alessandro.

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