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Vago e dolce Concento

Vago e Dolce Concento

L’Arte di sonar l’organo a Napoli

Stefano Romano

All’organo storico D.A.Rossi  (1769)

Della Basilica di Capodimonte – NAPOLI

CD Visual Arts – Gaeta (LT)

Per molti anni ho pregato Don Stefano Romano di lasciarsi registrare digitalmente con il mio MiniDisk, per  potervi ricavare un CD di sue interpretazioni. Tra rinvii e dinieghi il tempo passò e l’ictus che lo colpì rese impossibile la registrazione ex novo di un suo CD.

Non avremmo testimonianze incise della sua grandezza di artista se non fosse saltato fuori dal suo ricchissimo archivio una musicassetta registrata all’organo storico di Domenico Antonio Rossi (1769) che egli aveva fatto restaurare nel 1994 da Riccardo Lorenzini e collocare nell’abside del Santuario Mariano dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte a Napoli, musicassetta monoaurale registrata con un registratore “Geloso” d’epoca che Don Stefano si era portato con sé una volta e vi aveva registrato alcuni brani musicali con l’organo storico in questione.

La cassetta era un punto di partenza problematico: c’erano rumori di fondo e rumori del registratore stesso, la qualità della traccia monoaurale era decisamente mediocre, le interpretazioni erano intense ma non venivano fuori come meritavano.

Così con un programma di editing di tracce audio sono intervenuto pesantemente sulle tracce audio e, con un’equalizzazioe particolare e un filtraggio dei rumori, ho potuto trarre le tracce dalla cassetta per il futuro CD: non sarebbe stato un CD perfetto ma almeno avrebbe testimoniato l’interpretazione di un organista Napoletano su un organo Napoletano di musica d’organo di compositori Napoletani, cosa più unica che rara.

Veniamo ai brani registrati: Rocco Rodio, Ricercata Quinta; Ascanio Mayone, Canzone Francese  prima; Antonio Valente, Sei versi spirituali su Do-Re-Mi-Fa-Sol-La; Giovanni Maria Trabaci, Gagliarda, Durezze et Ligature, Canzona Franzesa Prima, Consonanze Stravaganti; Giovanni Battista Pergolesi, Sonata in Fa maggiore; Francesco Durante, Andantino; Niccolò Antonio Porpora, Fuga in Mi b maggiore; Domenico Cimarosa, Sonata in Re minore e Sonata in La minore; Domenico Scarlatti, Sonata in Sol maggiore, Sonata in Re maggiore, Sonata in Do maggiore; Mattia Vento, Largo; Giacomo Insanguine, Sonatina in Do maggiore; Carlo Cotumacci, Arioso; Giovanni Paisiello, Sonata in Si b maggiore.

Si tratta quindi di una ricchissima miscellanea di musica autenticamente napoletana dal XVI sec. al XVIII sec.  concepita per organi murali ma anche per positivi come questo, particolarmente sonoro e cristallino. Per ogni brano c’è la sensibilità napoletana dell’interprete, che fa capire come si debba suonare un certo repertorio con una sensibilità che solo gli interpreti napoletani possono avere.

Insomma: Autori della Scuola Napoletana interpretati da un organista napoletano su un organo storico di Autore napoletano conservato a Napoli. Una rarità. Il libretto, tutto in Italiano, è stato compilato su testi di Don Stefano che comprendono una ricca guida all’ascolto e numerose fotografie a colori dello strumento ad ante aperte e ad ante chiuse, e scatti del concerto d’inaugurazione dell’organo restaurato nel 1994, alla presenza, raffigurata in paramenti arcivescovili, del Cardinale Michele Giordano.

Ritengo che l’unicità del CD compensi largamente le sue pecche di presa del suono e di rielaborazione delle tracce e testimoni l’arte interpretativa della piena maturità di Don Stefano Romano non documentata altrimenti. Resta il rimpianto di non averlo potuto registrare, nonostante le insistenze, con un MiniDisk o un altro sistema digitale; la resa sonora ne avrebbe senz’altro giovato. Il disco è stato pubblicato nel luglio 2003 e può essere ascoltato piacevolmente con un buon impianto stereofonico con regolazione bassi/acuti e meglio ancora se munito di equalizzatore.

Marzo 2022

Graziano Fronzuto

Per la biografia di Don Stefano Romano: https://liberexitcultura.it/stefano-romano/

Stefano ROMANO

Stefano ROMANO

Stefano Romano è stato battezzato a Napoli il 7 gennaio 1928 nella parrocchia di Santa Maria della Consolazione a Villanova – Posillipo (costruita dall’architetto Sanfelice), nato nella settecentesca Villa Patrizi in una famiglia della piccola borghesia, da genitori molto attenti alla crescita culturale, spirituale ed artistica dei propri figli.  Il padre,che aveva fatto la prima Guerra Mondiale come bersagliere, e la madre con ben undici figli di cui l’ottavo fu proprio Stefano.

Per la quotidiana frequentazione di Villa Patrizi, ebbe come sommo benefattore ed educatore il cappellano dei marchesi Patrizi, padre Carlo Massa dei baroni di Galugnano, che celebrava quotidianamente la Messa nella cappella della villa, il quale fu fondamentale e determinante per la vita futura di Stefano Romano sia per la formazione religiosa che per lo sviluppo della sua personalità artistica.

Sempre per la quotidiana frequentazione di Villa Patrizi entrò in contatto in primissimo luogo con Livio, figlio di Agostino Patrizi e della marchesa Elisa Stevens, nato talento eccezionale di pianista ed allievo di pianoforte di Emilia Gubitosi che lo introdusse nella casa Gubitosi/Napolitano. Conservò l’amicizia con Livio Patrizi fino alla sua tragica fine. Per questa frequentazione entrò in contatto con membri dell’alta nobiltà di Napoli e dell’arte napoletana tra cui Bruno Canino, Francesco d’Avalos, i marchesi Carignani, i duchi del Pezzo di Caianello, la baronessa Franceschina Coppola-Picazio, la nobildonna Margherita Martelli di Soffiano (Firenze).

Dopo gli studi classici, ha frequentato la Pontificia Facoltà Teologica di Capodimonte Sez. San Tommaso d’Aquino ed è stato ordinato sacerdote dall’indimenticato Cardinale Marcello Mimmi. Negli stessi anni ha dimostrato una grande sensibilità verso la Musica Sacra ed un precoce talento musicale; dopo i primi studi con il maestro del duomo di Napoli Fortunato Scalella, fu accolto nel Conservatorio “San Pietro a Majella” da Franco Michele Napolitano, Alessandro De Bonis, Gennaro D’Onofrio ed Emilia Gubitosi, vi ha conseguito i Diplomi in Organo, Pianoforte e Composizione sotto la guida di valenti insegnanti tra cui, oltre ai suddetti, Renato Parodi e Domenico D’Ascoli ed anche, per breve tempo, Vincenzo Vitale.

Ha poi partecipato a vari corsi di perfezionamento sotto la guida di Fernando Germani e Luigi Dallapiccola presso l’Accademia Chigiana di Siena. E’ stato assistente ecclesiastico del Comitato Napoletano “Messa dell’Artista” e Presidente della Commissione di Musica Sacra presso la Curia Arcivescovile. Ha insegnato nei Conservatori di Foggia, Napoli ed Avellino. E’ Ispettore Onorario del Ministero dei Beni Culturali e membro della Commissione nazionale di organologia, nonchè Direttore del Segretariato Organologia dell’Associazione Italiana Santa Cecilia (A.I.S.C.).

Ha propugnato la conservazione degli organi storici e la costruzione di organi nuovi con criteri rigorosi ed artistici, affrontando a viso aperto le numerose opposizioni. Va ricordata la sua continua battaglia combattuta in ogni occasione (convegni, incontri, scambi epistolari ecc.) contro l’esodo di tantissimi organi napoletani venduti -o, più spesso, svenduti- dai titolari di chiese ed istituti ad antiquari, collezionisti ed appassionati di ogni parte del mondo; va anche ricordata la sua dura requisitoria contro i restauri poco rispettosi condotti da organari senza scrupoli e privi di ogni senso artistico.

Ha pubblicato monografie su organi storici di notevole interesse artistico, nonché articoli e saggi di argomento musicale e religioso. In alcuni scritti ha reso ampia giustizia a brani religiosi di lunga tradizione oggi sottoposti ad ingiustificate censure ed ha saputo sfatare luoghi comuni e dicerie con ricerche documentali ineccepibili e con uno stile espositivo di rara chiarezza e forza espressiva.

Ha unito all’attività di docente, di studioso e di scrittore un’intensa carriera concertistica che ne ha rivelato le qualità di finissimo e rigoroso interprete, soprattutto nel campo della musica dei maestri napoletani, dai quali ha ereditato in linea diretta la cultura e la sensibilità artistica.

Molti suoi allievi sono oggi apprezzati organisti e noti musicisti, contribuendo a confermarne la fama di caposcuola e degno successore del maestro Napolitano.

Anche nella sua famiglia non mancano talenti artistici di particolare bravura come i suoi nipoti David Romano (violinista) e Diego Romano (violoncellista), professori dell’orchestra sinfonica nazionale “Santa Cecilia” di Roma la cui madre, Marisa Carretta-Romano, è rinomata insegnante di pianoforte al Conservatorio di Napoli. Sono tra l’altro fondatori del sestetto “Stradivari”, che si esibisce con pregevolissimi strumenti.

L’instancabile attività di Stefano Romano è stata temporaneamente interrotta a causa di problemi di salute nel giugno 2002, ma alcuni mesi dopo egli riprendeva l’attività artistica, grazie alla sua incrollabile fede ed all’innata forza di volontà.

Sicuramente la sua opera saggistica più impegnativa e che più di tutte testimonia la sua lunghissima carriera artistica e la sua autentica competenza in materia non solo musicale ma anche storica, artistica, culturale e religiosa, è il trattato “L’Arte Organaria a Napoli” in due corposi volumi, il primo dei quali, pubblicato nel 1979, raccoglie l’attività instancabile di studio, catalogazione, ricerca bibliografica e sul campo condotta tra enormi difficoltà nel corso di decenni. In esso sono descritti gli strumenti presenti a Napoli, nelle condizioni in cui si trovavano prima del terremoto del 1980. Nel secondo volume, pubblicato nel 1990, viene completato l’orizzonte con gli organi delle aree periferiche dell’Arcidiocesi di Napoli, con un gran numero di fotografie a colori; l’appendice, inoltre, contiene la trascrizione integrale del rarissimo trattato di registrazione che l’organaro Giovanni Favorito scrisse come “libretto illustrativo” delle possibilità foniche dell’organo a 3 manuali da lui costruito per la chiesa di S. Carlo all’Arena, organo purtroppo distrutto da un incendio nel 1923. Quest’opera -oltre ad essere una sicura fonte di riferimento- rappresenta un prezioso ed insostituibile database degli organi napoletani e di tante opere d’arte presenti nelle medesime chiese, alcune di esse purtroppo non più visibili – http://www.liberexitcultura.it/?p=2423.

L’indimenticato Mons. Luigi Maria Pignatiello, direttore dell’Ufficio Catechistico della Curia di Napoli, nel recensire l’opera del Maestro Romano così titolò: “Un’opera che onora il Clero e la Cultura di Napoli”. Lo stesso Romano ha fatto della sua opera doverosissimo omaggio ai sommi pontefici S.Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Nel “Piccolo Diario Musicale”, invece, Romano raccoglie alcune sue pregevoli composizioni musicali per organo, pianoforte, ensembles cameristici e vocali. L’opera ha avuto una lusinghiera recensione da parte di Mons. Luciano Migliavacca, per oltre quarant’anni Maestro di Cappella del Duomo di Milano e direttore del Segretariato Compositori dell’A.I.S.C., “chi conosce don Romano all’A.I.S.C. e lo ascolta parlare di organi, organologia, restauri, comprende che si trova davanti ad un esperto: è così ma non è soltanto così: Stefano Romano a chi legge ed esegue le varie pagine del Diario, appare come un vero autentico compositore”. Il maestro Migliavacca, per decisione unanime del Comune di Milano ha avuto inciso il suo nome nel Famedio Cittadino.

Stefano Romano ha poi dimostrato la sua competenza in occasione di diverse consulenze organologiche tra cui la ricostruzione dell’organo di destra della Chiesa del Gesù Nuovo, i restauri di pregevoli organi storici napoletani (S. Maria Piedigrotta, Basilica di Capodimonte, ecc.). Ha collaborato alla costituzione del Museo degli Organi Storici Napoletani raccogliendo strumenti lasciati in stato di abbandono e degni di ripristino.

Degno di rilievo altro episodio: con l’autorizzazione del Cardinale Michele Giordano, all’epoca Arcivescovo di Napoli, si prelevò dal predetto Museo degli Organi Antichi di Capodimonte un positivo costruito dall’organaro napoletano Domenico Curci nella seconda metà dell’ottocento; il restauro fu curato dalla Ditta di Enrico Vegezzi-Bossi e Bartolomeo Brondino di Centallo (CN); le spese furono affrontate dalla Augustissima Arciconfraternita della SS.Trinità e dei Pellegrini e dei Convalescenti di Napoli (a quel tempo con primicerio l’ing. Vincenzo Carpio). L”organo fu collocato nella cappella Materdomini (chiesa inferiore dei Pellegrini) e il concerto fu eseguito alla presenza del Cardinale Giordano. Lo strumento è stato opportunamente affidato in comodato alla ricordata Arciconfraternita. Lo stesso Stefano Romano ha curato e documentato una monografia sull’episodio, per lunghi anni egli è stato organista dell’Arciconfraternita (nella Chiesa Grande -disegnata da Carlo Vanvitelli- c’è un organo Tamburini).

Di fronte alla diversità e alla molteplicità delle interpretazioni dei docenti e delle edizioni tipografiche di opere di antichi autori -specialmente di J.S.Bach- il nostro ha deciso di dare un suo contributo con la traduzione in lingua italiana del fondamentale trattattello di Walter Emery edito da Novello – Londra “Gli abbellimenti di Bach” edito da E.S.I. – Edizioni Scientifiche Italiane di Napoli, con la collaborazione dell’ing. Giovanni Vitagliano e del maesro Luigi Ferdinando Tagliavini che ne ha curato la prefazione.

Ha poi scritto un trattato sull’Ave Maria di Schubert, sfatando numerosi luoghi comuni spesso diffusi anche presso il clero, che ne travisano il testo, lo spirito e l’espressività musicale.

Colpito dal fatto che a disposizione degli studenti del conservatorio “S.Pietro a Majella” di Napoli non vi fosse un organo storico di fattura napoletana, Stefano Romano ha preso l’iniziativa di salvare uno storico organo costruito da Cimino nella seconda metà del XVIII secolo e conservato nella cappella della confraternita di S. Margherita a Fonseca. L’iniziativa è stata accolta con favore da Roberto De Simone (allora direttore del Conservatorio) e attuata con il sostegno fattivo ed economico del sindaco del Comune di Napoli Antonio Bassolino.

“Vago e Dolce Concento – L’arte di sonar l’organo a Napoli” è, infine, un raro CD, pubblicato nel 2003, contenente diversi brani registrati alla consolle del già citato organo Rossi 1769 della Basilica di Capodimonte. Edito in numero limitato di copie dalla Ditta Visual Arts di Gaeta, è attualmente l’unica incisione discografica contenente musica di autori napoletani interpretata da un organista napoletano su di un organo napoletano conservato a Napoli.

Il 22 novembre 2008 –festa di Santa Cecilia– ha ricevuto il premio di “Organista di Chiesa” dell’anno da parte dell’Associazione Italiana Organisti di Chiesa, giusto coronamento di una lunghissima carriera di organista a servizio della Chiesa.

Tra le sue ultime fatiche letterarie ricordiamo due pregevoli saggi: “La chiesa di S. Stefano al Vomero. Dall’Archivio di una Chiesa di Campagna” (Ed. Ecclesiae Domus, Napoli, 2009) – http://www.liberexitcultura.it/?p=2376 – e “Domenico Antonio Rossi. Organaro, Napoli 1769. Racconta” (2012).

febbraio 2016

Graziano Fronzuto

N.B. nelle fotografie: Don Stefano Romano all’organo Balbiani di San Gioacchino a Via Orazio a Napoli, da lui stesso progettato; durante l’inaugurazione del restauro dell’organo Pacifico Inzoli di San Rocco a Pietramelara (CE); alla consolle dell’organo Mascioni di Santa Chiara a Napoli, progettato da Fernando Germani.

APPENDICE

Nonostante l’età molto avanzata, nel 2021 Stefano Romano ha dato alle stampe un ulteriore suo contributo alla musica di Napoli: “Gerolamini – Archivio Musicale – Documenti Memorie Testimonianze”, un trattato di oltre 470 pagine in cui ha raccolto oltre al catalogo delle partiture conservate nel monastero dei Gerolamini a Napoli compilato da Salvatore di Giacomo una serie di memorie, testimonianze, documenti di ogni tipo riguardanti soprattutto la sua attività musicale e le persone in vista con cui ha avuto rapporti nella sua lunga vita. Dopo pochi mesi da questa fatica letteraria, Don Stefano Romano si è spento il 25 marzo 2022 -Solennità dell’Annunciazione- a 94 anni di età e qui ne faccio doverosa e sentita memoria.

Le esequie sono state celebrate il 26 marzo 2022 nella sua parrocchia di appartenenza: San Vincenzo Pallotti. Per questa chiesa don Stefano Romano aveva chiesto alla Curia Arcivescovile di trasferire un organo integro abbandonato in una confraternita del centro di Napoli, a sue spese, ma senza mai ricevere risposta. Così per la musica ci si è dovuti accontentare dell’organo elettronico Devreaux presente in chiesa, suonato  magistralmente dal suo allievo Giorgio Muto con l’assistenza dell’organaro Gian Marco Vitagliano.

Marzo 2022

Graziano Fronzuto

Stefano Romano – L’Arte Organaria a Napoli

Stefano Romano: “L’arte organaria a Napoli: dalle origini al secolo XIX”

Volume 13 di Studi e testi di storia e critica dell’arte

Editore SEN Società Editrice Napoletana, 1980

Lunghezza 481 pagine

Nel 1980 lo studioso prof. sac. Stefano Romano (di cui abbiamo recensito i lavori più recenti) pubblicava il testo fondamentale per la conoscenza degli organi di Napoli, tuttora insuperato per ampiezza, profondità di studio, completezza.

Giusto dieci anni dopo, quindi venticinque anni fa, Stefano Romano avrebbe aggiunto un secondo volume, di pari lunghezza, complementare al primo soprattutto per la parte iconografica e per la parte di indice/sommario di entrambi i volumi (poiché nel primo volume tale parte era mancante o non sufficientemente approfondita, specie perché mancava un indice alfabetico).

Ma torniamo al primo volume: sorprendente, fascinoso, ricco di descrizioni, ricordi personali, fondamentali digressioni storico/artistiche su ciascuna chiesa e su ciascun organo. Per di più, va detto che il volume censiva TUTTI gli organi storici (e non solo) presenti a Napoli in quel periodo, appena prima del terremoto dell’Irpinia e appena prima di atti vandalici e furti sacrileghi che colpirono varie chiese che furono chiuse a seguito del terremoto stesso.

Oggi, a distanza di trentacinque anni (il primo volume) e di venticinque (il secondo), il trattato non ha perso né di smalto né di attualità. La situazione complessiva del patrimonio organologico di Napoli non è molto mutata: vi sono stati molti restauri (tra cui non pochi dovuti all’impegno personale dell’Autore) ma vi sono stati altrettanti abbandoni di strumenti all’epoca sonanti. Le ragioni sono sempre le stesse: sensibilità contro insensibilità, consapevolezza contro ignoranza, competenza contro incompetenza ecc.

Entrambi i volumi del trattato costituiscono un fondamento basilare per chiunque voglia accostarsi all’Arte Organaria Napoletana e un testo imprescindibile per tutti gli studiosi dell’Arte Organaria in generale.

Chi scrive ha preso ampio esempio da quest’opera per scrivere il proprio “Organi di Roma” (Ed. Olschki, Firenze, 2008)..

Si parla da tempo di un possibile aggiornamento del contenuto del trattato di Stefano Romano, con l’ausilio dei mezzi informatici attualmente a disposizione, ma è necessario l’impegno di nuovi studiosi che sappiano prendere l’iniziativa e -nel rispetto dello spirito dell’Autore (tuttora battagliero e inflessibile nonostante l’età avanzata)- sappiano restare nel solco da Questi tracciato.

Tali studiosi vi sono: speriamo che presto si facciano avanti!

Febbraio 2015

Graziano Fronzuto

Per la biografia di Don Stefano Romano: https://liberexitcultura.it/stefano-romano/

Stefano Romano – La chiesa di S. Stefano al Vomero

Stefano Romano
La chiesa di S. Stefano al Vomero
Dall’Archivio di una Chiesa di Campagna
Ed. Ecclesiae Domus, Napoli, 2009.

366 pagine
Euro 20,00 – in vendita presso le principali Librerie Religiose

Presentazione di Mons. Armando Dini, Arcivescovo Emerito di Campobasso-Boiano
Introduzione di Antonio La Gala, studioso e scrittore di storia, urbanistica ed architettura.
A corredo del testo:
82 riproduzioni fotografiche di documenti, carte geografiche, illustrazioni e stampe antiche.
109 fotografie attuali (a colori) e storiche (in bianco e nero stampate con tecnica a colori)
41 riproduzioni fotografiche di spartiti del Puzone
2 riproduzioni fotografiche di spartiti del Sanfiorenzo

Stefano Romano

La chiesa di S. Stefano al Vomero. Dall’Archivio di una Chiesa di Campagna
Ed. Ecclesiae Domus, Napoli, 2009.

La Storia dispone delle opere umane a proprio piacimento. Ne conserva alcune, ne sacrifica altre, apparentemente senza alcun comprensibile criterio di scelta. Questo è ciò che molti pensano in merito alle vicende dei beni storici, specie in una città come Napoli che non è mai stata risparmiata dalle immani distruzioni avvenute nel corso dei secoli e, negli ultimi decenni, causate dalla II Guerra Mondiale (i bombardamenti che hanno devastato il Centro Storico e incendiato persino la Basilica di Santa Chiara), dalle catastrofi naturali e soprattutto dall’incuria.

L’amore per la propria città e per il patrimonio artistico che possiede ha da sempre animato la penna di don Stefano Romano, sacerdote, professore di conservatorio, organista, compositore, storico e soprattutto Napoletano come pochi. Egli –lottando contro l’insensibilità generale che spesso circonda ed opprime le anime più sensibili– ha raccolto, scritto e testimoniato con prove reali e concrete quanto è grande Napoli, dal punto di vista musicale, da quello organistico ed organologico, e soprattutto da quello artistico (nonostante le perdite, le distruzioni, le spoliazioni, le alterazioni, gli orrori di ogni periodo storico). I suoi volumi “L’Arte organaria a Napoli” rappresentano una pietra miliare non solo per chi si occupa strettamente di organologia ma anche per appassionati di musica ed arte sacra. Oggi egli presenta ai suoi lettori un’ulteriore perla a completamento della preziosa collana costituita dalle sue opere: una monografia sulla chiesa di Santo Stefano al Vomero.

Come suggerisce il sottotitolo era una chiesa di campagna, edificata nelle dimensioni attuali nel XVIII secolo (compare ed è chiaramente identificata in una mappa del 1775), per devozione di un privato benestante, Marco di Lorenzo, su un terreno di sua proprietà ai limiti della collina del Vomero (che a quell’epoca faceva parte di un’area ancora integralmente rurale). Rimase chiesa di campagna, dunque, fino agli inizi del XX secolo quando iniziò –dapprima lentamente poi sempre più impetuosamente e freneticamente– l’urbanizzazione di tutta la collina vomerese e del circondario.

In questo volume c’è innanzitutto la grande passione dell’Autore, presente in tutte le precedenti opere, che qui s’intreccia fortemente con innumerevoli ricordi personali e familiari oltre a rare testimonianze raccolte in lunghi anni. Tutto ciò però non distoglie mai l’Autore dalla consueta imparzialità e tantomeno lo lascia indugiare su facili romanticismi o stucchevoli oleografie. Al contrario: il rigore dello storico e l’impegno del ricercatore emergono in ogni pagina e si manifestano chiaramente nella ricca documentazione d’archivio e nella raccolta d’immagini fotografiche che l’Autore ha cercato, trovato, esaminato e riportato nel volume con profonda sensibilità.

L’edificio sacro vide scorrere intorno a sé la vita di persone umili, quali contadini e pellegrini, ma anche di nobili e potenti signori che, in quegli stessi anni, si facevano costruire le loro imponenti dimore di campagna nei dintorni. Tra questi il Duca di Salve, Antonio Winspeare (Napoli, 1822-1918; sindaco della città dal novembre 1875 all’aprile 1878) e sua moglie Emma (Emmanuella) Gallone di Tricase che sono stati (insieme a molti altri) fra i grandi benefattori di questa chiesa e la cui grande Villa è nelle adiacenze ed è oggetto di recenti restauri.

Forse per questo motivo fu sempre affidata a rettori di particolare sensibilità che ne fecero il centro di un’intensa attività culturale, oltre che religiosa. Spicca in particolare la figura di Padre Vincenzo Cerrito che resse la chiesa nei decenni tra la fine del XIX secolo e l’inizio del successivo.

In quegli stessi anni si avvalse della collaborazione di un valido musicista che scrisse inni religiosi i cui spartiti sono stati esaminati e trascritti da don Stefano (la cui madre e le cui zie avevano imparato a memoria tali melodie facendo parte del coro femminile di questa chiesa).

Il musicista era Raffaele Puzone, insegnante di pianoforte al Reale Conservatorio “San Pietro a Majella” (maestro –con Nicolò d’Atri e Florestano Rossomandi – di musicisti quali Enrico de Leva e Francesco de Leone), noto anche come direttore d’orchestra, compositore di brani inusuali (sua è una fantasia per due pianoforti a 8 mani: ciascun pianoforte va suonato da due pianisti), e promotore della rinascita della musica di Domenico Cimarosa nel centenario della sua morte (1901).

Come accennato, l’Autore narra con dovizia di documentazione anche ricordi familiari e personali, tra cui il matrimonio dei propri genitori, qui celebrato il 29 giugno 1912, la sua frequentazione della chiesa e l’incontro conla Famiglia Patrizi–cui resterà sempre legato da profonda amicizia– e con padre Carlo Massa, sua guida e padre spirituale, e l’impegno personale –coronato fortunatamente da insperato successo– per evitare che un’altra famiglia di privati cittadini, subentrata nella proprietà dell’edificio, ottenesse dall’Arcivescovo di Napoli la “riduzione allo stato profano” (sconsacrazione) della cappella per ampliare un adiacente esercizio commerciale a carattere finanziario.

A conclusione c’èla “Preghieradel Musicista”, che l’Autore ha rinvenuto sulla cantoria della chiesa di San Gioacchino a Via Orazio, il cui testo in Latino, di nobile ispirazione, è tale che l’Autore stesso ne attribuisce la paternità a San Tommaso d’Aquino.

Se la Storia ha consentito a questa chiesa di arrivare fino ai nostri giorni (è stata anche restaurata, ed è tuttora officiata anche se saltuariamente dato che l’ultimo rettore stabile ne è stato il compianto Don Salvatore Naddeo), la lettura di questo volume ce ne fa comprendere ampiamente le ragioni: la Storia non opera secondo criteri di scelta incomprensibili, dunque, ma in base a fatti certi e identificabili. Bisogna saperli cercare, trovare e documentare. E sempre troppo pochi sono coloro che sanno farlo…

novembre 2009

Graziano Fronzuto

Per la biografia di Don Stefano Romano: https://liberexitcultura.it/stefano-romano/