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di Rosanna Fronzuto
“Per italiano e latino avevamo un professore severissimo, un prete che faceva lezioni di livello universitario e che conosceva benissimo la formazione atea di Italo. Era incontentabile, e quando aveva la luna storta se la prendeva con tutti tranne che con lui. Calvino era intelligente e i professori lo sapevano. Era chiuso e silenzioso e quando veniva interrogato aveva una certa difficoltà di parola: impiegava un po’ di tempo a parlare, faceva dei versi, poi si fermava e riprendeva lentamente. In quella vecchia aula ad emiciclo, di solito chi veniva interrogato dava spettacolo, era come se stesse nel loggione di un teatro. Quando Italo, che era in alto, si alzava per prendere la parola, sembrava sdoppiarsi: c’ era lui e dietro c’ era la sua ombra che sembrava ascoltarlo gesticolando. Lui metteva insieme un periodo e si fermava, non si sbrigava mai, la sua ombra stava ad ascoltarlo, allora lui riprendeva. Sembrava incerto ma non lo era per niente.”
Questo è l’originale ricordo di un compagno di liceo dello scrittore in un articolo pubblicato da Il Corriere della Sera molti anni fa e precisamente il 5 ottobre del 2000.

In foto Italo Calvino con Jorge Luis Borges.

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