PROCIDA – Organi a canne dell’Isola
“Antichi gioielli sonori”
Gli organi a canne di Procida
Francesco Nocerino
Napoli, 2023
Questa volta invece che un CD ho per le mani un libro quanto mai interessante da recensire. Si tratta di un volumetto (circa 120 pagine) estremamente curato sia dal punto di vista grafico che soprattutto del contenuto che mi è stato donato, con squisita gentilezza, dall’Autore. Il titolo è tutto un programma “Antichi gioielli sonori – Gli organi a canne di Procida” e fa capire l’intento dell’autore: parlare degli organi a canne di Procida come autentici gioielli sonori, preziose testimonianze di tempi antichi quando tutte le chiese possedevano un organo a canne e non se ne sarebbe fatto mai a meno.
Il libro è impostato come la descrizione di una passeggiata nell’isola accompagnati da alcuni amici -che l’autore menziona nei primi capitoli- ferrati in storia e in storia dell’arte. I primi capitoli sono il sunto di questa passeggiata, con tanto di enumerazione delle chiese incontrate e visitate di volta in volta, palazzi storici e gentilizi, evidenze architettoniche (portali, balconate, finestre incorniciate, facciate decorate ecc.).
Non mancano indicazioni su architetti e artisti rinviando la descrizione degli organi ai capitoli successivi, dove sono descritti uno per capitolo per ogni chiesa. Già di per sé la passeggiata narrata nei primi capitoli fa sentire il “genius loci” dell’isola di Procida, così caratteristico con le facciate policrome delle case dei pescatori, le cupole delle chiese più importanti, le vie principali e gli stretti vicoli secondari.
L’intento dell’Autore è quello di accompagnare a sua volta amici di storia, di storia dell’arte, di storia dell’arte organaria a spasso per Procida, soffermandosi sui suoi monumenti e -una volta presa cognizione di essi- introdurli nel mondo degli “Antichi gioielli sonori”: gli organi delle chiese incontrate nella passeggiata.
Dopo i primi capitoli introduttivi -quelli della passeggiata nell’isola- si passa alla disamina degli organi conservati nelle chiese visitate, un capitolo per ogni organo e varie fotografie tutte a colori particolarmente nitide. Si viene così a scoprire che di organi ce ne sono ben dodici, sia pure non tutti in buone condizioni, e che altri tre erano presenti in chiese dove ora non resta che la cantoria vuota da dove l’organo è stato rimosso in tempi non lontani e non si sa che fine abbia fatto.
Tuttavia i dodici organi superstiti sono tutti interessantissimi e tutti costruiti da illustri organari napoletani, tranne uno, il più recente costruito dal cremonese Giuseppe Rotelli. Tra gli illustri organari napoletani si incontrano Domenico Mancini, Fabrizio Cimino, Domenico Antonio Rossi, Luigi Galasso e si incontra una pletora di organari “minori” che sono intervenuti su strumenti preesistenti per interventi manutentivi o alterativi non tutti di grande qualità.
Ci sono poi organi di cui si ignora la paternità e l’anno di costruzione, tra cui due strumenti di sicuro costruiti nel XIX sec. ma non si sa da chi, tra cui spicca l’organo di San Leonardo dall’inusuale, sorprendente, incredibile estensione della tastiera di ben 62 note (Si0-Do1 – Do6), a fronte di una pedaliera estesa una sola ottava (Si0-Do1 – Do2): peccato che non sia funzionante.
L’Autore si sofferma su un organo di cui si conosce l’organaro, Giovanni Galasso, e l’anno di costruzione, 1823, non più esistente.
Degno di nota è il complesso monumentale dell’Abbazia di San Michele Arcangelo che conserva al suo interno ben quattro organi di cui un grandioso strumento di origine seicentesca, con facciata scompartita in sette campi con ben undici organetti morti che li sovrastano, più volte rimaneggiato e oggi non più funzionante. Gli altri tre sono organi settecenteschi, tra cui un grosso positivo restaurato nel 2018 dai fratelli Pinchi di Foligno e riportato all’antico splendore.
Completa la carrellata l’organo della chiesa della SS. Annunziata, costruito dal cremonese Giuseppe Rotelli e verosimilmente progettato dal professore d’organo al conservatorio di S. Pietro a Majella Franco Michele Napolitano (Gaeta, 1887 – Napoli, 1960) come molti altri organi Rotelli dell’area Napoletana. Si tratta di uno strumento costruito attorno agli anni ’20 del XX sec., con due manuali (caso unico nell’isola) di quasi cinque ottave (Do1 – La5) e pedaliera moderna di due ottave e mezzo (Do1 – Fa3) con una decina di registri in tutto e trasmissione pneumatico-tubolare (caso unico nell’isola, dove tutti gli altri strumenti sono a trasmissione meccanica sospesa tipica dell’organaria napoletana).
Conclude il libro una considerazione sulla costruzione degli organi: essi venivano commissionati e costruiti a Napoli e poi portati smontati in barca sull’isola dove apprendisti ed allievi dell’organaro provvedevano al rimontaggio e all’intonazione in sito (l’Autore cita anche un caso di una cospicua mancia pagata dai committenti ai montatori per il lavoro particolarmente accurato svolto). Il libro finisce con l’elenco degli organari attivi sull’isola, di cui si sono preservati gli organi o il ricordo, e vi sono anche gli organari “minori” che sono intervenuti sugli strumenti di cui l’Autore ha rintracciato l’opera.
Consiglio il libro a tutti gli appassionati d’arte organaria: è facilmente reperibile QUI e fa il paio con “Suoni da riscoprire. Antichi organi a canne di Ischia”, del 2018, dove lo stesso Autore descrive con pari accuratezza gli organi del Comune di Ischia sull’isola d’Ischia (perciò non vi si trovano gli organi degli altri comuni quali Lacco Ameno, Forìo d’Ischia, Casamicciola ecc.).
Gennaio 2024
Graziano Fronzuto