Seleziona una pagina

AUGUSTA (Baviera) – gli organi della chiesa di Sant’Anna

Gli organi della chiesa di Sant’Anna ad Augusta (Baviera)

di Graziano Fronzuto (http://www.organcompendium.info/organi/deut15.html)

Roma, 1518 – Palazzo Papale.

Il religioso Tomaso de Vio, Cardinale di San Sisto (noto come “Cardinal Gaetano” in quanto nato a Gaeta nel 1469), teologo domenicano e insigne diplomatico, viene convocato da papa Leone X che gli consegna un lasciapassare per recarsi in Germania a nome del Papa stesso per un incarico molto semplice: portare le insegne di cardinale di San Crisogono (e il relativo decreto) all’arcivescovo di Magdeburgo, Albert von Brandenburg, e una spada benedetta all’imperatore Massimiliano d’Absburgo. Nell’occasione, ha facoltà di trattare con l’imperatore e con il re della Danimarca un’alleanza contro l’Impero Turco.
Ma per fare la consegna di due doni e trattare una facile alleanza contro un nemico comune, che bisogno ha il papa di “sprecare” un cardinale, anzi proprio il Cardinal Gaetano, uno dei massimi teologi della Chiesa, un diplomatico senza pari, un predicatore in grado di trascinare folle intere con la sua eloquenza e con la sua profonda fede?
Come spesso accade, la vera missione non è quella ufficiale ma quella segreta, che non deve lasciare tracce scritte ed i cui esiti sono destinati a pesare a lungo nella storia. E di missioni segrete il Cardinal Gaetano ne ha già fatte molte e quelle che gli vengono affidate ora sono due, difficilissime, anzi… impossibili.
La prima missione è quella di garantire che alla morte dell’Imperatore -già gravemente malato- sia eletto al suo posto il principe Carlo (figlio diciottenne del re di Spagna, Filippo il Bello, e nipote di Massimiliano): infatti il titolo imperiale non è ereditario ma elettivo! Sin dal X sec. l’elezione è riservata a sette Principi tedeschi, quattro regnanti con diritto ereditario e tre con rango di arcivescovi (quindi nominati dal papa) di cui uno è proprio quello di Magdeburgo. Per far questo, come in qualsiasi altra elezione, occorre avere più voti degli altri candidati: in questo caso, il concorrente è Francesco I, re di Francia, che vanta di essere presunto discendente di Carlo Magno e che ha parentele dirette con due degli elettori. Perciò occorre convincere gli altri elettori a votare per Carlo. Con l’arcivescovo dubbioso il cardinale sa come essere persuasivo (meglio ancora se porta con sé una bella promozione da parte del Papa!). Ma per convincere gli altri occorrono soldi, tantissimi soldi e il Cardinal Gaetano ha il compito di trovarli. Come? Veda lui, il talento e l’inventiva non gli mancano.
La seconda missione è ancor più segreta e pericolosa, al limite della temerarietà: bisogna riportare sulla retta via un dottissimo monaco agostiniano che già da tempo sta predicando per tutta la Germania. Egli fa lunghi discorsi teologici ferrei e convincenti, trovando larghissimo consenso soprattutto quando critica apertamente la chiesa di Roma: si chiama Martin Lutero.

L’asso nella manica del Cardinale

Il Cardinal Gaetano parte, ma non va alla cieca: ha predisposto un piano minuzioso che sa di poter condurre avanti grazie alla ramificata rete di conventi ed abbazie che incontra lungo la propria strada e che sono in grado di preparargli il terreno con le conoscenze, le confidenze, le confessioni e le pressioni opportune. Come tutti i personaggi del tempo, viaggia scortato (sia da uomini armati che da religiosi) e si fa preannunciare da staffette (cioè servitori che precedono il corteo, verificano lo stato delle strade e contattano preventivamente i luoghi di ristoro e di sosta).
Così ha deciso di giocare la propria partita ad Augusta -in tedesco Augsburg- una città antica, fondata da Druso nel 15 d.C. e dedicata al primo imperatore (Augusto, appunto) col nome di Augusta Vindicorum. Essa è il fulcro di tutti i traffici mercantili dell’Europa centrale e lì si commercia di tutto a partire dalle cose più preziose: il sale e l’argento del Tirolo, le spezie d’oriente, i tessuti Italiani e di Fiandra. Soprattutto ad Augusta c’è un enorme flusso di denaro sonante.
Al timone di tutti questi traffici c’è in quel momento una nobile famiglia di banchieri: i Fugger, di antiche origini e che hanno già prestato i propri servigi al papato nei secoli precedenti. Basti pensare che nel 1110 il prelato Giovanni de Foucris (cioè Johannes Fugger) in Italia per motivi religiosi ma anche per affari commerciali, incaricò la sua staffetta di verificare le osterie e soprattutto di assaggiarne il vino, segnando sulla porta di quelle ove trovava vino di qualità EST (c’è – c’è vino buono). Giunto a Montefiascone, scrisse sulla porta di ogni osteria EST EST EST. E il Fugger, si racconta, di EST EST EST ne bevve tanto fino a morirne (nel 1113, in realtà non prima di avviare un fiorente commercio del vino). Nella chiesa di San Flaviano a Montefiascone c’è la sua tomba col noto epitaffio: EST, EST, EST / PR(opter) Nim(ium) EST / HIC JO(annes) DE FOUCRIS / DO(minus) MEUS / MORTUUS EST (Est, Est, Est / a causa di questo (vino) / qui Giovanni Fugger / mio padrone / è morto).
In Augusta, la famiglia Fugger dimostra tutta la propria devozione e munificenza verso una chiesa che sorge a pochi passi dal suo principesco palazzo, chiesa che è divenuta il proprio pantheon (sono tutti sepolti lì in sontuosi monumenti funebri): Sant’Anna, con l’annesso convento di monaci carmelitani. Pochi anni dopo costruiranno addirittura il primo quartiere di decorose case popolari per i meno abbienti, il cosiddetto Fuggerei, tuttora esistente e oggetto di studi da parte degli Urbanisti.
In questo momento il capofamiglia è il banchiere Jakob Fugger, detto non a caso “Jakob il ricco”, ed è lui l’asso nella manica risolutivo della partita che il Cardinal Gaetano deve giocare: facendosi preannunciare dalla propria fama (sapientemente anticipata lungo la strada dal passaparola orchestrato dal cardinale e condotto da priori, abati e vescovi) fa in modo che il banchiere, con largo anticipo, si metta a sua completa disposizione.
Il gioco è fatto: Jakob Fugger può prestare alla famiglia degli Absburgo gli 850.000 Ducati necessari per convincere i principi indecisi ad eleggere Carlo e -con un oculato do ut des favorito dal cardinale- ricevere in cambio (ad elezione avvenuta) i diritti di sfruttamento di miniere e di fabbriche di tessuti nel futuro Impero su cui non tramonta il sole e -perché no- anche il titolo ambitissimo di conte imperiale con privilegio di esenzione da tasse e tributi e diritto di battere moneta. Inoltre Jakob Fugger convince l’abate Frosch, superiore carmelitano di Sant’Anna, a convocare in quel convento -per un periodo di ritiro spirituale- il suo antico amico di studi teologici Martin Lutero.
Così, grazie all’abilità del Cardinal Gaetano e ai soldi di Fugger, il principe Carlo sta per diventare Carlo V il Grande, mentre Martin Lutero, insieme ad altri monaci suoi seguaci -dovendo fronteggiare il più celebre teologo del tempo (sui cui testi egli aveva a lungo studiato e meditato)- sta per predisporre le sue “Confessioni di Augusta” che egli esporrà al cardinale e che contengono i fondamenti della Riforma Protestante.

Il messaggio del banchiere.

Prima di arrivare ad Augusta, il Cardinal Gaetano è già sicuro dell’appoggio del Fugger perché questi -augurandosi che il suo deferentissimo obolo sia ben accetto- si premura di fargli sapere di essere onorato di servire come umile chierico (Fugger aveva fatto con profitto lunghi studi teologici prima di dedicarsi con ancor più profitto nelle arti mercantili) le Messe che il Cardinale vorrà celebrare nella chiesa di Sant’Anna, alla presenza dei frati del convento e di altri religiosi venuti appositamente, e che l’imperatore Massimiliano manderà il suo organista di palazzo, che umilmente e discretamente accompagnerà con l’organo nuovo le preghiere del Cardinale.
Questo messaggio fortemente allusivo contiene due dati di nostro assoluto interesse: l’organista di palazzo e l’organo nuovo. Il primo è uno dei più grandi -se non il più grande- organista rinascimentale della Germania Centrale: Paulus von Hofhaimer; il secondo è il meraviglioso organo che Jakob Fugger ha donato alla chiesa di Sant’Anna nel 1512, costruito da Jan (Johann) Behaim von Dobrau, organaro proveniente dalla città boema di Dobrau, attuale Dobrany (rep. Ceca, da non confondere con la città bulgara di Dobrich che dal 1944 ha cambiato il nome in Tolbuchin in onore del generale sovietico che la liberò).

Missione compiuta? Sì, ma…

Appare doveroso citare l’esito delle due missioni segrete del nostro cardinale (essendo pacifico che sia la berretta che la spada sono giunte intatte ai loro destinatari).
La prima è riuscita perfettamente, come sappiamo. Carlo V fu eletto nel 1519 e regnò su un territorio immenso esteso su tutto il mondo, comprendente anche molte regioni italiane: tra cui tutto il Regno di Napoli e la Sicilia. La cosa non fu molto gradita, soprattutto dove c’erano fortissime spinte autonomistiche (Paesi Bassi, Belgio, Ungheria, Sicilia ecc.), e il cardinale ne aveva già fatto le spese: nel 1517 era stato nominato arcivescovo di Palermo ma aveva dovuto rinunciare all’incarico perché il Senato Siciliano (antichissima istituzione angioina, con ampi privilegi tra cui il “gradimento” per la nomina dei vescovi) espresse un duro parere contrario. Così il Cardinal Gaetano dovette attendere fino al 1519 e ripiegare su una sede non meno antica ma più modesta, quella di Gaeta, sua città natale (il titolo di Gaeta fu elevato a dignità arcivescovile molti anni dopo, da Pio IX, nel 1850), che però essendo molto più vicina a Roma gli consentiva di offrire i suoi preziosi servigi diplomatici al Papa!
La seconda, apparentemente, fallì: Martin Lutero non tornò indietro anzi confermò tutte le proprie posizioni teologiche (e politiche). Il fallimento fu solo apparente perché in realtà -durante il suo viaggio- il Cardinal Gaetano si era dovuto arrendere all’evidenza: in ogni convento in cui si era fermato gli avevano via via fatto presente che il movimento scatenato da Lutero aveva ormai fatto presa su interi popoli, compresi i loro principi, nobili e religiosi. Per scardinarlo ci sarebbe voluta una crociata talmente sanguinosa ed incerta che avrebbe lasciato l’Europa centrale e l’Italia alla mercé della tenaglia turca e francese (infatti Francesco I non si fece mai scrupolo di allearsi col sultano di Costantinopoli per tenere sotto continua minaccia Carlo V). Quindi il Cardinal Gaetano non aveva alcuna velleità di convertire Lutero, ma gli prese letteralmente le misure, per comprendere quanto forti e numerosi fossero i suoi sostenitori. Non appena ne ebbe la piena percezione tornò a Roma e convinse il papa a non scatenare guerre sante ma casomai rispondere esclusivamente sul piano dottrinale (cosa che fu fatta anni dopo col Concilio di Trento).
Il Cardinal Gaetano morì nel 1534 a Roma e riposa nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva, la principale chiesa domenicana di Roma. Il celebre dipinto “Cristo in Pietà” del pittore fiammingo Quentin Metsys, donatogli da Jakob Fugger, è oggi conservato nel Museo Arcidiocesano di Gaeta, nella piazza che porta il suo nome.

L’episodio sopra descritto ci induce a parlare di uno strumento di caratteristiche moderne collocato in una cassa rinascimentale tra le più belle che siano mai state costruite, in una chiesa non meno bella. Ringrazio il prof. Michel Nonnenmacher, Maestro di Cappella e direttore del prestigioso Coro della Chiesa, per avermi cortesemente inviato le informazioni mancanti al completamento dell’articolo; segnalo altresì il sito www.madrigalchor-augsburg.de dove sono descritte le attività musicali dirette dal professore. E’ vero che in Italia e in tutta l’Europa esistono molti strumenti moderni in belle casse antiche (e molti di questi sono stati descritti in queste pagine), riteniamo però che l’episodio storico, avvenuto proprio in questa chiesa ed al suono di quest’organo, renda questo organo meritevole di una particolare attenzione.

Augsburg.

Agli inizi del XVI sec. la città di Augusta (Augsburg) assunse una importanza commerciale senza pari e vide fiorire numerose famiglie di banchieri e commercianti -tra cui la più famosa è quella dei Fugger- con i loro palazzi e le loro ricchezze. Ciò si riflette in tutti i monumenti cittadini, ed in particolare edifici pubblici e soprattutto chiese.
La chiesa di Sant’Anna, fondata nel 1321, ampliata in periodo tardogotico e successivamente decorata in epoca rinascimentale, è caratterizzata -come molte altre chiese tedesche- dal doppio coro (uno all’estremità est (abside) e l’altro all’estremità ovest (facciata principale)). Opere dei pittori Albrecht Dürer, Lukas Cranach e Jörg Breu sono conservate nella chiesa che, all’esterno è caratterizzata dall’alta torre realizzata nel 1607 da Elias Holl (per approfondimenti vi sono molti Siti, in lingua tedesca, mentre il più completo in Italiano è http://www.st-anna-augsburg.de/italienisch/frameital.htm)
Il coro dell’estremità ovest divenne in pratica il pantheon della famiglia Fugger (tanto che viene tuttora chiamata “Cappella Fugger” o “FuggerChor”) dove gli esponenti della famiglia vennero seppelliti, tra splendide sculture di Adolf Daucher e dipinti di Albrecth Dürer e Jörg Breu “il vecchio”.
Sulla cappella fu collocato il maestoso organo donato da Jakob Fugger “il ricco”, costruito nel 1512 da Jan (Johann) Behaim von Dobrau e decorato con magnifiche portelle dipinte dallo stesso Jörg Breu “il vecchio” e raffiguranti l’Assunzione di Maria al Cielo e l’Ascensione di Gesù (portelle principali) e allegorie della musica (portelle del positivo tergale). La cassa, eseguita probabilmente su disegno dello scultore Adolf Daucher, contorna il rosone decorato ovviamente con lo stemma nobiliare dei Fugger.
Questo strumento è stato suonato dal grande musicista Paulus von Hofhaimer (1459-1537) organista dell’imperatore Massimiliano alla presenza del cardinale Tomaso de Vio (teologo domenicano noto come “Cardinal Gaetano” in quanto nato a Gaeta) e del riformatore Martin Lutero, che si incontrarono qui nel 1518 (rispettivamente ospiti del Fugger e dell’abate Frosch) e che, mai dimenticandosi di essere religiosi, si ritiravano in preghiera cantando insieme le litanie accompagnati da questo strumento. Dovranno passare altri 5 secoli prima che un religioso cattolico ed uno protestante facciano lo stesso! Ormai era troppo tardi per tentare composizioni tra la chiesa cattolica e la nascente riforma protestante che già contava un enorme numero di seguaci (sconsigliando l’impresa di una “guerra di religione”). Tanto che questa chiesa fu una delle prime ad essere destinata al culto protestante (lo fece nel 1525 lo stesso abate Frosch che divenne uno dei più fervidi discepoli di Lutero), e lo è tuttora (in uno stato a prevalenza cattolica quale la Baviera)! A memoria della visita di Lutero è tuttora visibile in chiesa un dipinto di Lukas Cranach il Vecchio (1529).

Cronologia dell’Organo

L’organo, tra i massimi strumenti monumentali della Germania centrale, è giunto -molto danneggiato dal tempo ma pressoché integro- fino al 1902 quando fu profondamente ampliato da Georg Friedrich Steinmeyer; tuttavia i danni maggiori li ebbe durante la Seconda Guerra Mondiale (quando Augusta fu segnata da spietati bombardamenti) ma fu fortunatamente ripristinato nel 1978 da Ekkehard Simon di Landshut (con progetto fonico e supervisione di Otto Meyer, organista di Ansbach) ed è stato poi ampliato nel 1992 da Gerhard Schmid, di Kaufbeuren (con progetto fonico e supervisione di Walther Haffner, organista di Rummelsberg).

1512: l’organo viene costruito dall’organaro Jan Behaim, proveniente da Dobrau (Boemia, odierna Dobrany – Rep. Ceca (noto anche come Johann von Dobrau) su commissione di Jakob Fugger che ne fa formale dono all’abate Frosch;
1594: ampliamenti da parte dell’organaro Eusebius Ammerbach, di Augusta (aggiunta di 10 nuovi tasti, del Zimbel e di due Flauti Coperti in legno);
1617: riparazioni effettuate da Marx Güntzer, di Augusta;
dal 1618 fino oltre il 1648: riparazioni eseguite dall’organaro St.Moritz, di Augusta;
1733: perizie sull’organo del direttore di musica Kräuter e dell’organaro Christoph Leo, di Augusta;
1737: progetto di ricostruzione (non attuato) di Georg Friedrich Schmahl, di Ulma;
1746: riparazioni Johann Baptist Cornthaler, di Kaufbeuren;
1756: riparazioni di Johann Andreas Stein, di Augusta (ricostruzione dei somieri e delle trasmissioni);
1767: riparazioni di Johann Andreas Stein (ricostruzione delle tastiere);
1833: riparazioni e ricostruzioni Joseph Bohl, di Augusta;
1902: ricostruzione da parte della ditta Steinmeyer di Oettingen, come “Opera 740” (ricordiamo che nel 1928 Steinmeyer costruirà l’immenso organo della Cattedrale di Passau, tuttora esistente e perfettamente tenuto);
prima del 1944: vendita delle portelle della cassa dell’organo;
1944: gravissimi danni all’organo a seguito del bombardamento della città;
1948: la ditta Steinmeyer costruisce un organo elettropneumatico a tre tastiere (opera n. 1770 con progetto fonico del prof. Kempf di Erlangen e di Karl Wünsch di Augusta) non riutilizzando le parti superstiti dell’organo del 1902, collocandolo in cantoria senza cassa; a tale organo è collegato un FernWerk (corpo lontano) nel matroneo del “Coro Est”, l’abside vera e propria;
1957: ripristino della cassa storica con canne di mostra costruite dalla ditta Mooser di Monaco, riacquisto delle portelle e loro ricollocazione sulla cassa (in tal modo la cassa antica fa da “quinta monumentale” all’organo del 1948);
1974: l’organo del 1948 viene smontato dall’organaro locale Rudolf Kubak che ne rimonta buona parte nella chiesa protestante di Gersthofen;
1978: ricostruzione della ditta Ekkehard Simon di Landshut, progetto fonico e supervisione di Otto Meyer, Ansbach;
1992: ampliamento e ricostruzione della ditta Gerhard Schmid, di Kaufbeuren, progetto fonico e supervisione di Walther Haffner, di Rummelsberg.

Caratteristiche (Tastiere/Registri):
fino al 1580: 2 manuali, 14 registri, trasmissioni meccaniche, somieri a tiro;
fino al 1902: 2 manuali, 22 registri, trasmissioni meccaniche, somieri a tiro;
1902: 3 manuali, 41 registri, trasmissioni pneumatiche, somieri a canali per tasto;
1978: 3 manuali, 37 registri, trasmissioni elettriche, somieri a tiro;
1992: 3 manuali, 45 registri, trasmissioni meccaniche per le tastiere, elettriche per i registri; somieri a tiro.

L’organo è oggi in perfette condizioni e viene utilizzato per concerti e per il servizio liturgico. Le vestigia dell’antico patrocinio della famiglia Fugger sono individuabili -oltre che nel sovrastante rosone- nelle decorazioni a carattere araldico sulla cassa, sui dipinti delle portelle e sulle canne di Mostra.

L’organo antico Disposizione Originaria del 1512
2 Tastiere di 39 note – F,G,A-a
Pedaliera di 15 note – F,G,A-a

Hauptwerk

Principal 8
Octav 4
Mixtur 7-8 fach
Zimbel 2 fach (*)

Rückpositiv

Coppel 8
Octav 4
Superoctav 2
Quint 1-1/3
Zimbel 2 fach
Posaune 8 (**)

Pedal

Großprincipalbaß 16
Octave 8
Quintbaß 5-1/3 (***)
Posaunenbaß 8

(*) Registro aggiunto nel 1594, rimosso nel 1831.
(**) Registro sostituito da un Salicional nel 1831.
(***) Registro sostituito da un Flötbaß.

Disposizione rilevata da Steinmeyer nel 1902
2 Tastiere di 54 note – C-f”’
Pedaliera di 25 note – C-a

Hauptwerk

Principal 8
Gamba 8
Bordun 8
Octav 4
Waldflöte 4
Quint 2-2/3
Cornet 4 fach
Mixtur 7-8 fach
Gedeckt 8 (*)

Innerpositiv

Quintatön 8
Salicional 8
Coppel 8
Principal 4
Traversflöte 4
Octav 2
Quint 1-1/3
Zimbel 2 fach

Pedal

Principalbaß 16
Flötbaß 8
Octave 8
Flötbaß 4
Bombarde 16
Posaunenbaß 8

(*) Registro aggiunto nel 1831.
Nota sull’ Innerpositiv: in data imprecisata (forse 1831) il somiere del positivo tergale era stato spostato all’interno del corpo principale dell’organo.

L’organo Steinmeyer del 1902
3 Tastiere di 54 note – C-f”’
Pedaliera di 30 note – C-f’

Hauptwerk

Prinzipal 16
Prinzipal 8
Viola da Gamba 8
Tibia 8
Gedackt 8
Gemshorn 8
Wiener Flöte 8
Quintflöte 5-1/3
Oktav 4
Rohrflöte 4
Rauschquint 2-2/3+2
Cornett 3-5 fach
Mixtur 4 fach
Trompete 8

Schwellwerk

Bordun 16
Prinzipal 8
Fugara 8
Flöte 8
Bordun 8
Salicional 8
Prinzipal 4
Gemshorn 4
Waldflöte 2
Cornettino 4 fach
Clarinette 8

Echowerk

Geigen Prinzipal 8
Hohlflöte 8
Lieblich Gedackt 8
Aeoline 8
Vox Coelestis 8
Dolce 8
Fugara 4
Traversflöte 4

Pedal

Principalbaß 16
Violon 16
Subbaß 16
Bordunbaß 16
Quintbaß 10-2/3
Oktavbaß 8
Violoncello 8
Posaune 16

Organo Simon-Schmid (1978-1992)
Disposizione fonica attuale

Rückpositiv

Copel 8
Prästant 4
Rohrflöte 4
Waldflöte 2
Quinte 1-1/3
Octävlein 1
Cymbel 3 fach
Krummhorn 8
Tremulant

Hauptwerk

Pommer 16
Principal 8
Spitzflöte 8
Octave 4
Gemshorn 4
Octave 2
Cornet 4 fach (*)
Mixtur 5 fach
Scharff 3 fach
Trompete 8

Schwellwerk

Bourdon 16 (*)
Principal 8 (*)
Salicional 8
Voc Celeste 8 (*)
Tibia 8
Octave 4
Flûte Octaviante 4
Nazard 2-2/3
Doublette 2
Tierce 1-3/5
Septime 8/7
Plein Jeu 5 rangs
Basson 16 (*)
Trompette Harm. 8
Hautbois 8 (*)
Clairon 4
Tremulant

Pedal

Principalbaß 16
Subbaß 16
Quintbaß 10-2/3 (*)
Octavbaß 8
Gedecktbaß 8
Großterz 6-2/5 (*)
Octave 4
Nachthorn 2
Mixtur 4 fach
Posaune 16
Trompete 8 (**)

(*) Registri aggiunti nel 1992.
(**) In sostituzione di un Clarion 4.

Gli altri organi della chiesa di Sant’Anna

Organi nel Coro Est

Come abbiamo detto, la chiesa ha due cori; in quello ovest c’è la Cappella Fugger e il grandioso organo appena descritto, in quello est c’è l’abside vera e propria. Qui nel 1619 fu costruito un Positivo con funzioni di “guidavoce” dal citato organaro locale Marx Günzer. Riparato nel 1700 da Christoph Leo, esso era ancora in sito nel 1730 (come comprova un’incisione dell’epoca) ma nel 1756 fu spostato sul Matroneo (Lettner) e nel 1841 nella quattrocentesca cappella laterale detta “Cappella degli Orefici” (Goldschmiedekapelle) dopodiché fu ceduto al vicino Cimitero Protestante e lì collocato dall’organaro locale Bohl. Nel 1948, come abbiamo accennato, viene collocato nel Matroneo un corpo di canne come FernWerk (corpo lontano) dell’organo elettropneumatico; tale strumento è stato smantellato nel 1974 ma il FernWerk è rimasto al suo posto sul matroneo e dotato di propria consolle. Ecco la disposizione fonica, le cui canne sono di costruzione Steinmeyer (1948) e la consolle ad unico manuale costruito da Rudolf Kubak (1974):

Organo elettropneumatico del Matroneo (Lettner)
Estensione: C – a’’’cioè Do 1-La 4, 58 tasti cromatici

MetallGedackt 8’
NachtHorn 4’
SifFlöte 1’
RauschPfeife II fach
Rankett 16’

Nel Coro Est c’è anche un positivo a trasmissione meccanica, costruito nel 1995 da Rudolf Kubak:

Organo Positivo del Coro Est (abside)
Estensione: C – f’’’cioè Do 1-Fa 4, 54 tasti cromatici

Gedackt 8’
RohrFlöte 4’
Prinzipal 2’
Quinte 1’1/3’ Baß (Bassi)
Quinte 1’1/3’ Diskant (Soprani)

Organo della “Cappella degli Orefici” (Goldschmiedekapelle)
La cappella fu costruita tra il 1420 e il 1496 per la confraternita degli orefici (cioè in pratica l’associazione di commercianti, artigiani e industriali della città) e decorata con splendide opere d’arte paragonabili a quelle della Cappella Fugger. In questa cappella è probabile che nei tempi antichi si utilizzassero organi portativi, comunque solo nel 1892 si acquistò un armonium venduto nel 1963. Un organo positivo fu costruito nel 1956 (ditta Offner, di Kissing) venduto a sua volta nel 1974. Attualmente c’è un positivo a trasmissione meccanica costruito da Rudolf Kubak (1979):

Organo Positivo della Cappella degli Orefici
Estensione: C – f’’’cioè Do 1-Fa 4, 54 tasti cromatici

Gedackt 8’
RohrFlöte 4’
Prinzipal 2’
Mixtur II 1’

Graziano Fronzuto

[fblike style=”standard” showfaces=”false” width=”450″ verb=”like” font=”arial”]

[fbshare type=”button”]

Stefano Romano – L’Arte Organaria a Napoli

Stefano Romano: “L’arte organaria a Napoli: dalle origini al secolo XIX”

Volume 13 di Studi e testi di storia e critica dell’arte

Editore SEN Società Editrice Napoletana, 1980

Lunghezza 481 pagine

Nel 1980 lo studioso prof. sac. Stefano Romano (di cui abbiamo recensito i lavori più recenti) pubblicava il testo fondamentale per la conoscenza degli organi di Napoli, tuttora insuperato per ampiezza, profondità di studio, completezza.

Giusto dieci anni dopo, quindi venticinque anni fa, Stefano Romano avrebbe aggiunto un secondo volume, di pari lunghezza, complementare al primo soprattutto per la parte iconografica e per la parte di indice/sommario di entrambi i volumi (poiché nel primo volume tale parte era mancante o non sufficientemente approfondita, specie perché mancava un indice alfabetico).

Ma torniamo al primo volume: sorprendente, fascinoso, ricco di descrizioni, ricordi personali, fondamentali digressioni storico/artistiche su ciascuna chiesa e su ciascun organo. Per di più, va detto che il volume censiva TUTTI gli organi storici (e non solo) presenti a Napoli in quel periodo, appena prima del terremoto dell’Irpinia e appena prima di atti vandalici e furti sacrileghi che colpirono varie chiese che furono chiuse a seguito del terremoto stesso.

Oggi, a distanza di trentacinque anni (il primo volume) e di venticinque (il secondo), il trattato non ha perso né di smalto né di attualità. La situazione complessiva del patrimonio organologico di Napoli non è molto mutata: vi sono stati molti restauri (tra cui non pochi dovuti all’impegno personale dell’Autore) ma vi sono stati altrettanti abbandoni di strumenti all’epoca sonanti. Le ragioni sono sempre le stesse: sensibilità contro insensibilità, consapevolezza contro ignoranza, competenza contro incompetenza ecc.

Entrambi i volumi del trattato costituiscono un fondamento basilare per chiunque voglia accostarsi all’Arte Organaria Napoletana e un testo imprescindibile per tutti gli studiosi dell’Arte Organaria in generale.

Chi scrive ha preso ampio esempio da quest’opera per scrivere il proprio “Organi di Roma” (Ed. Olschki, Firenze, 2008)..

Si parla da tempo di un possibile aggiornamento del contenuto del trattato di Stefano Romano, con l’ausilio dei mezzi informatici attualmente a disposizione, ma è necessario l’impegno di nuovi studiosi che sappiano prendere l’iniziativa e -nel rispetto dello spirito dell’Autore (tuttora battagliero e inflessibile nonostante l’età avanzata)- sappiano restare nel solco da Questi tracciato.

Tali studiosi vi sono: speriamo che presto si facciano avanti!

Febbraio 2015

Graziano Fronzuto

Per la biografia di Don Stefano Romano: https://liberexitcultura.it/stefano-romano/

Giovanni Astrita Misasi – musicista nato a Gaeta

Giovanni Astrita (detto Nino) MISASI, musicista (Gaeta, 5 dicembre 1907 – Bari, 17 agosto 1989).

 

Iniziati gli studi a Gaeta, sotto la guida del padre Rosario Misasi (Catanzaro, 3.10.1879 – Acquaviva delle Fonti, 17.07.1951), musicista e all’epoca direttore della banda del locale Presidio Militare, li ha completati diplomandosi presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli in pianoforte e strumentazione per banda e, sotto la guida di Franco Michele Napolitano (anch’egli nato a Gaeta giusto 20 anni prima), anche in organo e composizione. Ha poi partecipato al concorso indetto dal Regio Esercito per la nomina dell’Ispettore Nazionale delle Bande, che ha vinto: è stato il più giovane musicista assunto in tale carica, che ha mantenuto fino al 1949.

Raggiunto il padre ad Acquaviva delle Fonti (dove era direttore della banda musicale di quel comune), gli è subentrato lo stesso anno riuscendo in breve tempo a rinnovare l’organico dei musicisti a portarlo ad un notevole grado di preparazione. Sposa quindi Rosa Eleonora Maria Buonuomo, figlia del musicista Carmine Buonuomo (1884–1948) e dell’arpista Erminia Alfaro (1894–1964).

Nel 1956 la banda di Acquaviva delle Fonti, sotto la sua direzione, ha rappresentato l’Italia nel Concorso Internazionale Bandistico di Varallo Sesia vincendola “Coppad’Onore”. Dopo contrasti con alcuni amministratori comunali, ha lasciato l’incarico (1960) fondando poi una nuova banda (1961) che è stata attiva sotto la sua direzione fino al 1977. La Banda di Acquaviva delle Fonti è tuttora in attività ed è intitolata a Rosario Misasi.

Nel 1961 è stato chiamato da Nino Rota (musicista che aveva anch’egli studiato per un breve periodo con F.M.Napolitano) come docente di Direzione e Strumentazione per Banda nonché di Armonia Complementare presso il conservatorio Niccolò Piccinni di Bari, dove ha insegnato fino al 1977 mantenendo contatti con i maggiori musicisti del tempo, tra cui Nino Rota, suo amico personale, del quale ha trascritto per organico bandistico l’opera Il Cappello di Paglia di Firenze.

Su invito dell’Amministrazione Comunale di Ceglie Messapica ha fondato il locale Liceo Musicale che ha diretto fino al 1988. Riconosciuto caposcuola di una nutrita schiera di musicisti (Massimo Gianfreda, Pasquale Menchise, Francesco Lentini, Angela Montemurro ecc.), è tuttora ricordato per le sue doti di insegnante e di sapiente trascrittore (ha adattato per banda numerose opere liriche e orchestrali, come la Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven) oltre che per le sue composizioni bandistiche di ispirato cromatismo, tra cui le notevoli Marce Sinfoniche.

BIBLIOGRAFIA

<<http://www.cassarmonica.it/maestribanda.htm>> sito della Banda “Rosario Misasi” di Acquaviva delle Fonti;

<<http://digilander.libero.it/alfaro/famiglia/alfaro.htm>> pagina web sull’albero genealogico della Famiglia [de] Alfaro

RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano, per le cortesi notizie fornite, i musicisti Stefano Romano, Grazia Salvatori, ed il dott. Rosario Misasi, figlio del musicista e di donna Rosa Eleonora Maria Buonuomo, la cui testimonianza diretta si è rivelata fonte preziosa ed insostituibile.

Graziano Fronzuto

[fblike style=”standard” showfaces=”false” width=”450″ verb=”like” font=”arial”]

[fbshare type=”button”]

 

Milano – Santuario di Santa Rita – Grande Organo Mascioni (1963)

Organo Mascioni (op. 829 – 1963)
Santuario di Santa Rita – MILANO

Registri

[azionati da placchette disposte in più file orizzontali a sinistra della consolle]

I Manuale – Corale [Espressivo]

Corpo Corale Fondale

    1      Principale                      8’

2      Corno di Notte              8’

3      Dolce                             8’

4      Principalino                  4’

5      Flauto Conico               4’

6      Flauto in XII           2’2/3’

    7      Silvestre                        2’

8      Decimino                1’3/5’

9      Ripieno 5 File

10      Cromorno                      8’

11      Unda Maris                   8’

12      Tremolo

II Manuale – Grand’Organo

Corpo Sinistro

  13      Principale                    16’

14      Principale                      8’

15      Flauto Traverso            8’

16      Dulciana                        8’

17      Ottava                            4’

18      Flauto a Camino           4’

19      Duodecima             2’2/3’

  20      Decimaquinta               2’

21      XIX                          1’1/3’

22      XXII                               1’

23      Ripieno 6 File

24      Tromba                          8’

25      Voce Umana                 8’

[azionati da placchette disposte in più file orizzontali al disopra del III Manuale]

Annulli Ance

   A      Ancia I

A      Ancia II

A      Ancia III

A      Ancia Ped

A      Generale Ancie (sic)

III Manuale – Espressivo

Corpo Destro

  26      Bordone                      16’

27      Diapason                       8’

28      Bordone                         8’

29      Salicionale                    8’

30      Corno di Camoscio      4’

31      Flauto Armonico          4’

32      Nazardo                   2’2/3’

  33      Flautino                         2’

34      Pienino 3 File

35      Tromba Armonica        8’

36      Oboe                              8’

37      Voce Corale                  8’

38      Voce Celeste                 8’

39      Tremolo

Annulli

   A      Ripieni

A      Fondi16’ ai Manuali

A      [Unioni] Tasto – Pedale

A      Subb-Ottave (sic) [A Accoppiamenti 16’]

A      Super-Ottave (sic) [A Accoppiamenti 4’]

Pedale

Corpi Destro, Sinistro e Corale

  40      Bombarda Acustico   32’      (sic)

41      Contrabbasso             16’

42      Principale                    16’

43      Subbasso                     16’

44      Bordone                      16’

45      Basso                             8’

46      Principale                      8’

  47      Bordone                         8’

48      Bordoncino                   4’

49      Ottava                            4’

50      Flauto                             4’

51      Bombarda                   16’

52      Trombone                      8’

53      Clarone                          4’

[azionati da placchette disposte in più file orizzontali a destra della consolle]

Unioni

  54      Unione                 I8’ Ped.

55      Unione                II8’ Ped.

56      Unione               III8’ Ped.

57      Unione                     III8’ I

58      Unione                      I8’ II

59      Unione                    III8’ II

Accoppiamenti

  60      Unione                 I4’ Ped.

61      Unione                II4’ Ped.

62      Unione               III4’ Ped.

63      Unione                     I16’ I

64      Unione                       I4’ I

65      Unione                     III4’ I

  66      Unione                    I16’ II

67      Unione                      I4’ II

68      Unione                     II4’ II

69      Unione                    III4’ II

70      Unione                III16’ III

71      Unione                  III4’ III

Accessori

6 Combinazioni Aggiustabili a Pistoncino richiamabili con pedaletti; Combinazioni Fisse

Pistoncini e Pedaletti di richiamo Unioni8’.

Staffa Crescendo Generale.

Staffa Espressione I manuale.

Staffa Espressione III manuale.

Pedaletti Ripieno I, II, III; Ancia, Tutti.

Estensione: manuali di 61 note (Do1–Do6); pedaliera di 32 note (Do1–Sol3).

Trasmissione elettrica, consolle mobile indipendente posta in genere dietro l’altare maggiore (realizzato nel 200 e la cui struttura, unitamente a quella dei seggi corali, limita gli spostamenti della consolle).

Collocazione in tre corpi ai lati del presbiterio: i due principali lungo le pareti in celle organarie con cantoria con balaustre in bronzo, quello corale a pavimento contro la parete fondale dell’abside.

Corpi principali privi di cassa, corpo corale interamente chiuso in ampia cassa espressiva (ma le portelle non sono direttamente in vista in quanto occultate da un telone).

Mostra dei corpi maggiori composte da canne dell’ordine di16’disposte ‘a palizzata’ ed ordinate in modo che le sommità formino delle curve verso il basso; bocche ‘a mitria’ allineate orizzontalmente. Corpo Corale privo di mostra.

Storia

Notizie tratte dal sito http://www.santaritamilano.it

L’origine del Santuario di S. Rita di Milano non è legata ad apparizioni o fatti miracolosi, ma al grande desiderio degli Agostiniani di ritornare a Milano, la culla del loro Ordine. A Milano infatti ricevette il battesimo S. Agostino dalle mani di S. Ambrogio (387), milanese è il beato Lanfranco Settala (†1264), scelto a governare il nuovo Ordine egli Eremitani di S. Agostino, costituito dal Papa Alessandro IV (la grande unione del 1256).

Fin dal 1230 gli Agostiniani possedevano a Milano il convento e la chiesa di S. Marco, nel 1445 fondavano il convento e la chiesa dell’Incoronata e nel 1500 prendono possesso della chiesa della Consolazione. La soppressione del 1782 li terrà lontani da Milano per quasi due secoli.

Nel 1939 il P. Umberto Musitelli, Provinciale della piccola Provincia Ligure, Piemontese e Sarda (costituita dai conventi di Genova, Pavia, Savona, Celle Ligure e Loano) ottenne dal Card. Ildefonso Schuster, Arcivescovo di Milano, il permesso di erigere a Milano una chiesa con annesso convento, dedicati a S. Rita, come aveva suggerito lo stesso arcivescovo.

Attraverso il Comitato per i nuovi templi, fu designato come luogo di costruzione un appezzamento di terreno di ca. 12.500 mq — situato nella zona compresa tra i rioni Barona e S. Cristoforo, donato — attraverso la curia arcivescovile di Milano — da Giovanni Dondena, commerciante vinicolo.

La prima pietra fu benedetta dal card. Schuster il 17 dicembre 1939 e nella primavera del 1940 ebbero inizio i lavori di costruzione di un’ala del convento mentre furono gettate le fondamenta del santuario. Il complesso chiesa/convento fu progettato dall’Ing. Giuseppe Invitti — che aveva già progettato la chiesa delle Monache Agostiniane di Via Ponzio 46, dedicata a S. Monica — il quale si orientò verso lo stile romanico-lombardo, con richiami allo stile novecento.

La costruzione del santuario, iniziata dall’impresa Castelli e portata avanti tra difficoltà crescenti dovute alla seconda guerra mondiale (settembre 1939) che nel giugno 1940 coinvolse anche l’Italia, fu forzatamente sospesa nell’aprile 1941, appena in tempo per aprire al culto una cappella provvisoria (fino al 1948) al piano terreno dello stesso convento (l’attuale Sala S. Monica).

Nel 1946 fu decisa la costruzione della prima metà del santuario, dalla facciata al transetto escluso, che fu inaugurata al 6 maggio 1948.

Nel 1952 fu ripresa la costruzione dell’altra metà, dal transetto all’abside, con la vasta ed alta sagrestia e la sala oggetti-ricordo.

Due anni dopo il card. Schuster procedette alla consacrazione del santuario — ancora grezzo ma completato nelle sue strutture essenziali — nei giorni 1 e 2 maggio 1954: fu l’ultima chiesa consacrata dall’instancabile cardinale che morì il 30 agosto 1954.

L’area coperta dal santuario con la sagrestia e la sala-oggetti misura mq 1.800. Le tre navate misurano complessivamente in larghezza28 metri. La lunghezza massima del vano della chiesa, dal portale all’abside, è di69 metri. L’altezza massima della chiesa  è di m 32 all’esterno e di m. 25 all’interno.

Il 2 maggio 2000 è stato consacrato il nuovo altare e inaugurato il presbiterio, completamente ristrutturato in adeguamento alle prescrizioni liturgiche. Sono state tolte le balaustre ed è stato spostato il quadro di S. Rita nel braccio sinistro del transetto: al suo posto troneggia un grande crocifisso di bronzo. Rifatto, su nuovo disegno, il pavimento in rosa del Portogallo ed eliminato il vecchio altare maggiore, sono state posate le scale di accesso al tabernacolo, di rame dorato, che poggia su un piedestallo ottagonale; è stato ridisegnato il muro frontale con i nuovi parapetti a gradoni che fiancheggiano le scale: il tutto in marmo rosa del Portogallo. Sul lato sinistro guardando l’altare si impone il nuovo ambone che si prolunga oltre la gradinata di accesso al presbiterio. La porticina del tabernacolo reca un pannello in bronzo raffigurante due mani che spezzano il pane. Sul basamento frontale dell’altare è stato collocato un pannello di bronzo raffigurante grappoli d’uva e spighe di grano, simboli dell’Eucaristia, insieme alla rosa di S. Rita. Sul fronte dell’ambone, il pannello di bronzo con lo stemma agostiniano e la scritta: Prendi e leggi. Il progetto complessivo è stato ideato dall’Arch. Paola Parini, mentre la progettazione e l’esecuzione delle sculture (crocifisso, pannelli e tabernacolo) è stata affidata alla Scuola Beato Angelico di Milano (Arch. Mons. Marco Melzi).

Organo Mascioni coi parapetti sotto le canne di mostra eseguiti in bronzo su disegno di P. Stefano Pigini (1999).

L’interno del Santuario è dominato dall’imponente figura di Cristo trionfante e dal paradiso agostiniano: una festa di colori tra lo sfavillare dell’oro: mosaici eseguiti negli anni sessanta da Sgorlon su cartoni dell’artista agostiniano belga P. Leo Coppens (1909-1995), autore di  tutti i mosaici del Santuario, esclusa la facciata e la cripta.

Note

Grosso strumento progettato da P. Giancarlo Ghirardi (Sesto San Giovanni, 1931 – 1993), a lungo Maestro di Cappella di questa basilica. Revisionato con la sostituzione del classico Contrabbasso Acustico32’con la Bombarda, anch’essa realizzata col medesimo principio acustico.

L’effetto, poderoso ed esaltante nel presbiterio, si attenua molto nelle navate.

Da notare, in sacrestia, il dipinto fine-ottocentesco raffigurante Santa Rita che riceve la spina dal Crocifisso (che era la pala dell’altare maggiore rimasta in sito fino al 2000) e un frammento centrale di ritratto di Santa Cecilia e Angeli Musicanti, di inizio ‘800, con Santa Cecilia (con diadema di brillanti da nobildonna!) che suona un organo all’Italiana, di cui si leggono i nomi di alcuni registri e, molto chiaramente, la partitura sul leggìo.

Suonato il 24 novembre 2008 per cortese accoglienza di Padre Bernardino Pinciaroli

Graziano Fronzuto

Firenze – San Lorenzo – Grande Organo Serassi (1864)

Registri

I Man. – “ECO” (Espressivo)

[azionati da pomelli ad estrazione, posti in fila unica a sinistra della consolle, con nomi incisi su piastrine di legno, originali]

“Ripieno”

      Principale                        8’   Bassi

      Principale                        8’   Soprani

      Ottava                               4’   Bassi

      Ottava                               4’   Soprani

      Quintadecima                  2’

      Due di Ripieno [XIX-XXII]

      Due di Ripieno [XXVI-XXIX]

      Due di Ripieno [ XXXIII-XXXVI]

“Concerto”

      Viola                                 4’   Bassi

      Flauto a Camino             8’   Soprani

      Flauto in Ottava              4’   Soprani

      Arpone                             8’   Bassi

      Clarino                           16’   Soprani

      Violoncello                     8’   Bassi

      Violoncello                     8’   Soprani

      Corno Musa                     8’   Soprani

      Voce Umana                    8’   Soprani

II Man. – “ORGANO” [Organo Grosso]

[azionati da manette a spostamento laterale, poste in doppia fila a destra della consolle, con nomi incisi su piastrine di legno, originali]

“Ripieno”

      Principale I                    16’   Bassi

      Principale I                    16’   Soprani

      Principale II                     8’   Bassi

      Principale II                     8’   Soprani

      Principale III                    8’   Bassi

      Principale III                    8’   Soprani

      Ottava I                            4’   Bassi

      Ottava I                            4’   Soprani

      Ottava II                           4’

      Duodecima                 2’2/3

      Quintadecima (I)            2’

      Quintadecima (II)           2’

      Due di Ripieno [XIX-XXII]

      Due di Ripieno [XXVI-XXIX]

      Quattro di Ripieno [XIX-XXII-XXVI-XXIX]

      Quattro di Ripieno [XXXIII-XXXVI-XL-XLIII]

      Terza mano

      Unione [I Manuale al II Manuale]

“Concerto”

      Corno                             16’   Soprani

      Cornetto I [VIII-XII]                 Soprani

      Cornetto II [XV-XVII]               Soprani

      Fagotto                             8’   Bassi

      Tromba                             8’   Soprani

      Clarone                            4’   Bassi

      Bombarda                      16’   Soprani

      Violoncello                     4’   Bassi

      Corno Inglese                16’   Soprani

      Viola                                 4’   Bassi

      Clarinetto                      16’   Soprani

      Violone                            8’   Bassi

      Flauto Reale                    8’   Soprani

      Flauto in Ottava              4’   Soprani

      Ottavino                           2’   Soprani

      Voce Umana                    8’   Soprani

Pedaliera

[azionati da manette a spostamento laterale, poste in doppia fila a destra della consolle – di seguito a quelle dei registri del II Man. – con nomi incisi su piastrine di legno, originali]

“Ripieno”

      Contrabbasso                16’

      Basso                                8’

      Violone                            8’

“Concerto”

      Bombarda                      16’

      Trombone                        8’

      Timballo

III Man. – “ARMONIO” [Espressivo – collocato in corpo tergale sotto la panca]

[azionati da pomelli ad estrazione, posti a sinistra e a destra del leggìo intagliato, con nomi incisi su piastrine di legno, originali]

          Ottava                               4’   Bassi

      Zampogna                        4’   Soprani

      Viola                                 4’   Bassi

      Violetta                            8’   Soprani

          Voce Flebile                    8’   Soprani

      Cromorno                        8’   Bassi

      Oboe                               16’   Soprani

      Tremolo                                   [non c’è il meccanismo]

Estensione

Manuali di 70 note ciascuno (Do-1/La5); in realtà i primi 12 tasti sono reali (“contr’ottava cromatica stesa”) solo per la seconda tastiera, mentre sulle altre due richiamano i corrispondenti tasti dell’ottava successiva (Do-1 = Do1; ecc.); Pedaliera di 18 note (Do1/Fa2), ma le canne sono soltanto 12 (Do1/Si1) per ciascun registro proprio del pedale, di conseguenza il Do2 ripete il Do1, ecc.; la pedaliera è unita costantemente al secondo manuale, ma è distaccabile mediante l’apposito pedaletto; l’unione tasto-pedale, al contrario dei registri propri, è reale su tutte le 18 note, e richiama i tasti Do-1/Fa1 della seconda tastiera.

I Manuale – “Organo di Risposta”, espressivo, le cui canne sono collocate nel basamento dell’Organo alla sinistra della Consolle. I registri sono azionati da manette a spostamento laterale poste in doppia fila alla sinistra delle tastiere.

II Manuale – “Organo Grosso”, aperto, le cui canne sono collocate come Hauptwerk, con Principale16’in Mostra con disegno a Cuspide con ali. I registri sono azionati da manette a spostamento laterale poste in doppia fila alla destra delle tastiere.

III Manuale – “Organo Eco ed Armonio”, le cui canne sono per lo piu’ ad ancia corta, chiuse in cassa melodica tergale (con ante apribili a mano). I registri sono azionati da pomelli ad estrazione posti attorno al decoratissimo leggìo.

Collocazione

in corpo unico sull’alta Cantoria fondale della Chiesa, nell’abside, dietro l’Altare Maggiore.

Trasmissione

Meccanica classica italiana con Somieri a Vento Serassi. Consolle “a finestra”.

Mostra

Principale16’Basso, reale, aperto, dell’Organo Grosso, con canne disposte a Cuspide con ali laterali. Essendo posto in una grande cella Organaria, l’Organo non ha cassa di contenzione. Il basamento delle Canne di Mostra e’ in legno scuro sobriamente decorato, mentre inagliata e decoratissima e’ la Consolle, con uno stupendo leggìo, realizzata interamente in legni pregiati finemente scolpiti.

Note

Questo grandioso Organo, commissionato dal Governo Italiano durante il periodo in cui Firenze fu Capitale d’Italia, assomma in se’ tutte le caratteristiche dell’Organaria del Risorgimento Italiano: Registri spezzati ma anche interi, numerose Ance, somieri a vento e Ripieni separati fino alle file sovracute. Il suo bellissimo suono riempie più che degnamente la Chiesa fiorentina, capolavoro del Brunelleschi. Realizzato senza risparmio (basti solamente pensare alla stupenda consolle in legni pregiati, con decorazioni e intagli) e’ stato ben restaurato dal Tamburini nelle sue parti foniche e trasmissive: coerentemente con la tecnica notevole dei Serassi i 3 Manuali sono di tocco leggerissimo, conservando la leggerezza anche con le Unioni inserite.

L’organo è stato visitato da numerosi organisti ed appassionati nel corso dell’Organ Day del 1° maggio 2014

Si ringrazia il Maestro VINCENZO NINCI per le preziose informazioni fornite

Graziano Fronzuto

Stefano Romano – La chiesa di S. Stefano al Vomero

Stefano Romano
La chiesa di S. Stefano al Vomero
Dall’Archivio di una Chiesa di Campagna
Ed. Ecclesiae Domus, Napoli, 2009.

366 pagine
Euro 20,00 – in vendita presso le principali Librerie Religiose

Presentazione di Mons. Armando Dini, Arcivescovo Emerito di Campobasso-Boiano
Introduzione di Antonio La Gala, studioso e scrittore di storia, urbanistica ed architettura.
A corredo del testo:
82 riproduzioni fotografiche di documenti, carte geografiche, illustrazioni e stampe antiche.
109 fotografie attuali (a colori) e storiche (in bianco e nero stampate con tecnica a colori)
41 riproduzioni fotografiche di spartiti del Puzone
2 riproduzioni fotografiche di spartiti del Sanfiorenzo

Stefano Romano

La chiesa di S. Stefano al Vomero. Dall’Archivio di una Chiesa di Campagna
Ed. Ecclesiae Domus, Napoli, 2009.

La Storia dispone delle opere umane a proprio piacimento. Ne conserva alcune, ne sacrifica altre, apparentemente senza alcun comprensibile criterio di scelta. Questo è ciò che molti pensano in merito alle vicende dei beni storici, specie in una città come Napoli che non è mai stata risparmiata dalle immani distruzioni avvenute nel corso dei secoli e, negli ultimi decenni, causate dalla II Guerra Mondiale (i bombardamenti che hanno devastato il Centro Storico e incendiato persino la Basilica di Santa Chiara), dalle catastrofi naturali e soprattutto dall’incuria.

L’amore per la propria città e per il patrimonio artistico che possiede ha da sempre animato la penna di don Stefano Romano, sacerdote, professore di conservatorio, organista, compositore, storico e soprattutto Napoletano come pochi. Egli –lottando contro l’insensibilità generale che spesso circonda ed opprime le anime più sensibili– ha raccolto, scritto e testimoniato con prove reali e concrete quanto è grande Napoli, dal punto di vista musicale, da quello organistico ed organologico, e soprattutto da quello artistico (nonostante le perdite, le distruzioni, le spoliazioni, le alterazioni, gli orrori di ogni periodo storico). I suoi volumi “L’Arte organaria a Napoli” rappresentano una pietra miliare non solo per chi si occupa strettamente di organologia ma anche per appassionati di musica ed arte sacra. Oggi egli presenta ai suoi lettori un’ulteriore perla a completamento della preziosa collana costituita dalle sue opere: una monografia sulla chiesa di Santo Stefano al Vomero.

Come suggerisce il sottotitolo era una chiesa di campagna, edificata nelle dimensioni attuali nel XVIII secolo (compare ed è chiaramente identificata in una mappa del 1775), per devozione di un privato benestante, Marco di Lorenzo, su un terreno di sua proprietà ai limiti della collina del Vomero (che a quell’epoca faceva parte di un’area ancora integralmente rurale). Rimase chiesa di campagna, dunque, fino agli inizi del XX secolo quando iniziò –dapprima lentamente poi sempre più impetuosamente e freneticamente– l’urbanizzazione di tutta la collina vomerese e del circondario.

In questo volume c’è innanzitutto la grande passione dell’Autore, presente in tutte le precedenti opere, che qui s’intreccia fortemente con innumerevoli ricordi personali e familiari oltre a rare testimonianze raccolte in lunghi anni. Tutto ciò però non distoglie mai l’Autore dalla consueta imparzialità e tantomeno lo lascia indugiare su facili romanticismi o stucchevoli oleografie. Al contrario: il rigore dello storico e l’impegno del ricercatore emergono in ogni pagina e si manifestano chiaramente nella ricca documentazione d’archivio e nella raccolta d’immagini fotografiche che l’Autore ha cercato, trovato, esaminato e riportato nel volume con profonda sensibilità.

L’edificio sacro vide scorrere intorno a sé la vita di persone umili, quali contadini e pellegrini, ma anche di nobili e potenti signori che, in quegli stessi anni, si facevano costruire le loro imponenti dimore di campagna nei dintorni. Tra questi il Duca di Salve, Antonio Winspeare (Napoli, 1822-1918; sindaco della città dal novembre 1875 all’aprile 1878) e sua moglie Emma (Emmanuella) Gallone di Tricase che sono stati (insieme a molti altri) fra i grandi benefattori di questa chiesa e la cui grande Villa è nelle adiacenze ed è oggetto di recenti restauri.

Forse per questo motivo fu sempre affidata a rettori di particolare sensibilità che ne fecero il centro di un’intensa attività culturale, oltre che religiosa. Spicca in particolare la figura di Padre Vincenzo Cerrito che resse la chiesa nei decenni tra la fine del XIX secolo e l’inizio del successivo.

In quegli stessi anni si avvalse della collaborazione di un valido musicista che scrisse inni religiosi i cui spartiti sono stati esaminati e trascritti da don Stefano (la cui madre e le cui zie avevano imparato a memoria tali melodie facendo parte del coro femminile di questa chiesa).

Il musicista era Raffaele Puzone, insegnante di pianoforte al Reale Conservatorio “San Pietro a Majella” (maestro –con Nicolò d’Atri e Florestano Rossomandi – di musicisti quali Enrico de Leva e Francesco de Leone), noto anche come direttore d’orchestra, compositore di brani inusuali (sua è una fantasia per due pianoforti a 8 mani: ciascun pianoforte va suonato da due pianisti), e promotore della rinascita della musica di Domenico Cimarosa nel centenario della sua morte (1901).

Come accennato, l’Autore narra con dovizia di documentazione anche ricordi familiari e personali, tra cui il matrimonio dei propri genitori, qui celebrato il 29 giugno 1912, la sua frequentazione della chiesa e l’incontro conla Famiglia Patrizi–cui resterà sempre legato da profonda amicizia– e con padre Carlo Massa, sua guida e padre spirituale, e l’impegno personale –coronato fortunatamente da insperato successo– per evitare che un’altra famiglia di privati cittadini, subentrata nella proprietà dell’edificio, ottenesse dall’Arcivescovo di Napoli la “riduzione allo stato profano” (sconsacrazione) della cappella per ampliare un adiacente esercizio commerciale a carattere finanziario.

A conclusione c’èla “Preghieradel Musicista”, che l’Autore ha rinvenuto sulla cantoria della chiesa di San Gioacchino a Via Orazio, il cui testo in Latino, di nobile ispirazione, è tale che l’Autore stesso ne attribuisce la paternità a San Tommaso d’Aquino.

Se la Storia ha consentito a questa chiesa di arrivare fino ai nostri giorni (è stata anche restaurata, ed è tuttora officiata anche se saltuariamente dato che l’ultimo rettore stabile ne è stato il compianto Don Salvatore Naddeo), la lettura di questo volume ce ne fa comprendere ampiamente le ragioni: la Storia non opera secondo criteri di scelta incomprensibili, dunque, ma in base a fatti certi e identificabili. Bisogna saperli cercare, trovare e documentare. E sempre troppo pochi sono coloro che sanno farlo…

novembre 2009

Graziano Fronzuto

Per la biografia di Don Stefano Romano: https://liberexitcultura.it/stefano-romano/